Ospiti di Mahmood nella serata delle cover, dove hanno eseguito Come è profondo il mare di Lucio Dalla, sul palco dell’Ariston sono saliti ieri sera i Tenores di Bitti “Remunnu ’e Locu”, gruppo storico di canto a tenore della provincia di Nuoro. Per chi non lo conoscesse, il canto a tenore è una forma di canto polifonico sardo di tradizione millenaria eseguito da un gruppo di quattro uomini, usando quattro voci differenti chiamate “bassu”, “contra”, “boche” e “mesu boche”. «Ci sono diverse “leggende” sulla nascita del nostro canto» ci ha raccontato Andrea Sella, ultimo arrivato nella storica formazione nata nel 1974, insieme a Dino Ruiu, Pierluigi Giorno, Mario Pira. «Gli studiosi di musica popolare hanno provato a dare una risposta ma non è ancora univoca. Una delle teorie più accreditate, che è anche la più suggestiva, è che essendo il canto del “pastore”, le altre voci sono nate come imitazione dei versi degli animali. In particolare i due suoni gutturali del basso e della contra sono il belato della pecora e il muggito della vacca mentre la mezzavoce è il suono del vento e il cinguettio degli uccelli. Un dialogo insomma fra pastore, animali e i versi della natura». «Studi recentissimi inoltre stanno provando ad affiancare, come tipologia di espressione musicale, il rap col canto a tenore».

PER QUANTO riguarda i testi invece, oltre a cantate tradizionali, vengono affrontati i temi più disparati. Non solo amore ma anche mitologia, temi sociali, canti di protesta, cantate su argomenti come il nucleare e le basi militari, senza dimenticare naturalmente l’argomento religioso. Sacro e profano dunque si mescolano in un canto che sembra sospeso nel tempo ma, contemporaneamente, attento a non perdere il contatto con la contemporaneità. Un fascino che in passato ha attirato l’attenzione di maestri del jazz come Ornette Coleman e Lester Bowie, senza dimenticare Peter Gabriel il quale ha distribuito uno dei loro album con la Real World. «Il nostro è un canto che si presta a molti generi, in particolare il jazz» ha proseguito Andrea «I nostri suoni gutturali non li ritrovi facilmente in altri generi musicali, anche per questo forse ci hanno “notato” jazzisti di quel calibro. Studi recentissimi inoltre stanno provando ad affiancare, come tipologia di espressione musicale, il rap col canto a tenore. Per la capacità di sviluppare un tema tramite l’improvvisazione ma anche per la matrice, anche di protesta, seppure siano due generi nati in contesti storici e geografici diversi».

TORNANDO alle origini del canto a tenore, il lavoro dei Tenores di Bitti può considerarsi di “conservazione” in un mondo sempre più veloce e che tende a omogeneizzare tutto? «Il nostro lavoro è importante, dobbiamo tenere il canto vivo nelle nostre comunità perché il rischio che vada perso c’è. I giovani devono pensare che il nostro è un canto dinamico, sospeso in un tempo “multiplo” ma comunque pieno di agganci con il contemporaneo». Un’ultima battuta sulla collaborazione con Mahmood «Alessandro è sempre attento a quella che è la sua regione d’origine. Ha un legame fortissimo con la nostra terra e ci ha contattati raccontando il suo desiderio di portare la Sardegna a Sanremo».