In Ungheria, quella degli insegnanti è tra le categorie che si sentono più colpite dalle manovre del governo Orbán. Gli addetti lamentano bassi salari, precarie condizioni di lavoro e scarsa considerazione del loro ruolo. Dicono di non avere più libertà di insegnamento e di dover seguire scrupolosamente le indicazioni dell’esecutivo quanto a programmi didattici e al rapporto da instaurare con gli studenti. Questi ultimi, evidentemente, secondo il sistema al potere in Ungheria, vanno indottrinati e per nulla incoraggiati a sviluppare spirito critico e a farsi domande sul mondo che li circonda. 

I problemi qui sommariamente descritti non sono storia di oggi: il malcontento diffuso nel settore esiste da tempo, e negli anni scorsi veniva espresso da manifestazioni di piazza con ombrelli colorati o da camicie a scacchi indossate da insegnanti e da studenti e genitori solidali con i docenti.

“La scuola è peggiorata”, dicono i primi che accusano il governo di aver svuotato di senso la professione dell’insegnamento, di averla asservita alle necessità del potere con l’intento di affermare il “modello” della cittadinanza passiva mai sfiorata dal dubbio sull’opportunità delle scelte fatte dall’esecutivo. 

Così, negli anni scorsi, insegnanti che credono nella loro funzione e nel libero insegnamento, opposizione e società civile hanno stigmatizzato la riscrittura dei testi scolastici voluta dal governo, con pesanti e fuorvianti reinterpretazioni del vissuto storico del paese, e la sua decisione di autorizzare la pubblicazione di libri scolastici solo tramite agenzie da esso controllate.

Stipendi bassi, peggioramento netto della qualità del lavoro di insegnante e non di rado inadeguatezza dell’infrastruttura del settore hanno portato ad un avvio turbolento dell’anno scolastico. Il primo settembre scorso tante aule sono rimaste deserte per via dello sciopero che, nella circostanza, ha visto aderire molti insegnanti che contestavano i bassi salari e la crescente mancanza di docenti. Quel giorno, in diverse scuole, le lezioni non sono proprio iniziate in segno di disobbedienza e in risposta alla modifica della legge sullo sciopero che rende difficile ai sindacati indire mobilitazioni di categoria. 

Di fatto, il governo Orbán nega da anni la possibilità di aumentare in modo soddisfacente gli stipendi del settore e afferma che la cosa potrà avvenire solo se il paese riceverà i fondi Ue che sono stati bloccati. Intanto, però, quello dell’istruzione è un ambito che continua a mostrare problemi che si aggravano progressivamente, come nel caso della sanità; uno di essi è quello della vistosa carenza di docenti che ha nel malcontento riferito ai bassi compensi una delle sue motivazioni principali. Un insegnante giovane, che si trova all’inizio della carriera, guadagna circa 650 euro, somma ben inferiore al livello medio e comunque bassa anche in Ungheria dove gli stipendi medi sono ancora lontani dagli standard di altri paesi europei.

Questo complesso di cose ha quindi portato ad un avvio di anno scolastico all’insegna della protesta; il primo settembre scorso il sottosegretario alla Pubblica Istruzione esortava gli insegnanti a riprendere il lavoro e a “non dare un cattivo esempio agli studenti con manifestazioni di disobbedienza civile”. Le organizzazioni studentesche e le famiglie si sono invece dimostrate solidali con i dimostranti e il governo, per tutta risposta, ha autorizzato gli insegnanti già in pensione a tornare in aula. Pochi, però, hanno aderito all’iniziativa dell’esecutivo.

In ogni caso, le manifestazioni, non si sono chiaramente limitate al solo primo giorno di scuola; ce ne sono state anche più di recente che hanno visto scendere in piazza addetti, studenti e famiglie, decisi a difendere la dignità della scuola e della comunità scolastica nel suo insieme. Il settore è entrato da subito nelle mire del sistema di potere creato da Viktor Orbán con l’intento di dar vita a un controllo sempre più stretto e capillare su ogni manifestazione della vita pubblica del paese, e a dodici anni dal ritorno al potere dell’”uomo forte d’Ungheria”, i risultati di questa operazione si vedono pesantemente.