Ci sarebbero anche dei video e delle intercettazioni nelle mani dei carabinieri di Castello di Cisterna che ieri hanno arrestato, insieme ad altre sette persone, il Garante dei detenuti di Napoli, Pietro Ioia, accusato di aver introdotto illegalmente e dietro compenso telefoni cellulari e sostanze stupefacenti nel carcere cittadino di Poggioreale. Ioia si sarebbe avvalso proprio del suo ruolo, che gli permetteva di entrare liberamente e senza permesso negli istituti penitenziari, per partecipare a quella che la procura e il Gip del Tribunale di Napoli ipotizzano essere una associazione a delinquere al soldo delle famiglie dei criminali detenuti a Poggioreale, la cui esistenza sarebbe emersa attraverso mesi di indagine svolte da giugno 2021 a gennaio 2022. Una notizia, questa, che è piombata come un macigno su un’istituzione – quella dei Garanti dei diritti delle persone private o limitate nella libertà personale – da sempre bersaglio delle destre politiche e di sindacato, soprattutto negli ambienti della polizia penitenziaria. Tanto più perché Pietro Ioia è un ex detenuto di 63 anni con alle spalle 22 anni di carcere, e Poggioreale lo conosceva bene.

Fu proprio questo suo back ground e la sua storia di “riscatto” dopo aver pagato per i suoi crimini (raccontata in un libro che lo ha reso famoso dove denunciava anche le violenze sui detenuti, «Cella zero», pubblicato dagli editori napoletani Marotta e Cafiero), più che le sue reali capacità e attitudini, a renderlo un simbolo per il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che nel 2019 lo volle a tutti i costi Garante territoriale della sua città. Una scelta che anche ieri ha rivendicato spiegando che «il garante comunale dei detenuti è una figura non prevista dalla legge» che invece contempla il garante regionale. «Scegliemmo – ricorda De Magistris – Pietro Ioia per dare un segnale di fiducia soprattutto al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena».

Eppure va detto che in molti, all’interno del mondo dei diritti penitenziari, non vedevano di buon occhio non tanto la persona quanto proprio il simbolo: un ex detenuto, così come anche un ex poliziotto, è figura troppo interna al sistema per apparire come parte terza, e può perfino essere ricattabile. E dunque – è stato detto e ribadito in molte occasioni – sarebbe stato meglio evitare certe scelte populiste e demagogiche. Fermo restando, naturalmente, che le accuse contro Pietro Ioia e gli altri sette arrestati ieri sono tutte da provare. E che, in ogni caso, in ogni istituzione si può annidare un fuorilegge.

«Una vicenda che colpisce e che obbliga a cambiare passo», esorta però Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà personale che ricorda di aver «più volte sollecitato negli anni l’adozione di “Linee guida” per indicare parametri di indipendenza, professionalità e integrità che le Amministrazioni stesse potessero seguire nella delicata individuazione di tali figure». A tal fine, ricorda Palma, nel luglio scorso il suo ufficio ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con l’Associazione nazionale Comuni italiani «per la definitiva redazione e diffusione» di tali Linee guida, ora in via di definitiva approvazione.

«Nella forte speranza istituzionale che il Garante del Comune di Napoli possa mostrare la sua estraneità ai fatti, nonché, ovviamente, nel pieno rispetto dell’autonomia degli Enti locali – si legge nel comunicato di Palma – il Garante nazionale auspica che si giunga a una strutturazione organica dei rispettivi compiti e perimetri delle relazioni Istituzionali». Affinché non si confonda il ruolo del Garante nazionale – «designato dalla legge italiana anche come proprio “Meccanismo nazionale di prevenzione” in ambito Onu» – con quello dei garanti territoriali.