I lunghi coltelli sguainati tra grillini a Roma, a Genova e in numerose situazioni locali spuntano anche a Taranto. La città dei due mari ha incubato spesso fenomeni politici peculiari eppure significativi. Più di venti anni fa battezzò l’antipolitica ante litteram di Giancarlo Cito, l’uomo catapultato al governo della città direttamente dagli schermi di una tv locale. Poi il default sotto le giunte di centrodestra e la vittoria delle sinistre.

Adesso, in uno scenario devastato dai veleni ambientali e politici delle acciaierie dell’Ilva, lo scontro nel M5S cova da mesi. Anomalia nell’anomalia: tra i 5 Stelle pare averla spuntata il candidato sostenuto da una compagine insolita. A farne le spese, il candidato sostenuto dall’establishment pentastellato.

ERANO TRE in verità, i litiganti. Poi sono diventati due, causa alleanza dell’ultimo momento. Da una parte il MeetUp «Amici di Beppe Grillo Taranto», che ha supportato la candidatura (vincente) dell’avvocato Francesco Nevoli. L’aspirante sindaco, 46 anni, è conosciuto in città per la sua attività professionale e appare tutt’altro che giustizialista. Da giovanissimo, all’indomani del G8 genovese, ha fatto parte del collegio difensivo degli attivisti altermondialisti di Taranto arrestati di Sud Ribelle. Poi ha indossato la toga per difendere ultrà, operai e ambientalisti.

Ha ascendenti nella politica locale: suo padre, Mimmo, è stato prima socialista e poi, da berlusconiano, assessore ai Lavori pubblici col centrodestra. Non è un mistero che lo sostengano (e con lui si candidino) operai provenienti dalla Fiom e alcuni esponenti del Comitato Liberi e Pensanti, il soggetto formatosi nel 2012, nei giorni caldi dell’Ilva e dello sfarinamento del rapporto dei tarantini con sindacati e partiti. Il comitato negli anni scorsi ha organizzato un Primo maggio alternativo che è diventato, per dimensioni e visibilità, contraltare alla piazza romana dei sindacati. Proprio quest’anno il concertone tarantino ha saltato un giro, anche per via degli impegni pre-elettorali di molti dei suoi attivisti.

A Taranto insomma, si assiste a un esperimento che pare ad altri non riuscito: un’esperienza sociale pre-esistente prova a utilizzare il Movimento 5 Stelle per portare avanti le proprie battaglie.

L’ESITO non è affatto scontato, dicevamo, perché nonostante Nevoli abbia passato indenne le «graticole», sorta di interrogatori collettivi cui vengono sottoposti i futuri candidati, non va giù a un pezzo del mondo pentastellato locale. La rottura è tale che nessuno dei due contendenti prima del voto online si diceva disposto ad appoggiare l’altro. Contro Nevoli c’era Bartolomeo Lucarelli, ingegnere ambientale e portaborse dell’europarlamentare grillina Rosa D’Amato. Le malelingue, insomma, dicono che anche tra i 5 Stelle ci sia un pezzo di apparato poco disponibile ad aprire le porte del non-partito.

Tanto che Nevoli aveva inviato allo staff del Movimento 5 Stelle numerose segnalazioni circa «la palese violazione del regolamento del M5S da parte di due delle tre liste attualmente oggetto di votazione on line». In una conferenza stampa congiunta era stata annunciato l’alleanza tra Alessandro Bello (sostenuto dal MeetUp «Taranto pentastellata») a favore della candidatura di Lucarelli («Taras in movimento», nato da una scissione del MeetUp che sostiene Nevoli). «Il M5S – sottolineano i nevoliani – non ammette cordate. Questa è emersa durante le votazioni online, creando un pericoloso precedente».

L’ENDORSEMENT a urne virtuali aperte è riuscito solo parzialmente, perché nonostante il ritiro in corsa, Bello ha raccolto nove voti. E per ironia della sorte soltanto dieci preferenze dividono Nevoli da Bello: è finita 107 a 97. Si consideri però che hanno potuto votare gli iscritti al Movimento «alla data del 30 giugno 2016», vincolo che ha danneggiato gli aderenti dell’ultim’ora, trainati dentro al M5S dalla candidatura di Nevoli e dall’impegno dei Liberi e Pensanti.
La parola finale spetta a Beppe Grillo: la candidatura a sindaco potrà essere ufficializzata solo dopo che il «garante» avrà autorizzato l’utilizzo del simbolo M5S. I vertici avranno l’ardire di commissariare di nuovo il voto e produrre una rottura analoga a quella di Genova?