Taglio netto dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Cifra tonda. Per «risparmiare sulle poltrone» fino a «500 milioni a legislatura» (ma è una cifra gonfiata). Non solo, anche per «aumentare il prestigio dei parlamentari» e per «rendere più efficienti i lavori delle due camere». Con questi argomenti i 5 Stelle – la Lega procede, silenziosa, a rimorchio – si avviano a raccogliere l’asso per gli ultimi giorni di campagna elettorale. Addirittura una riforma costituzionale a metà percorso, approvata nell’identico testo sia al senato che alla camera. A palazzo Madama è accaduto, senza troppo clamore, a febbraio. A Montecitorio il giorno del voto finale è oggi.

Serviranno poi, passati tre mesi, altri passaggi di nuovo al senato e poi alla camera. Ma tutto questo avverrà dopo le elezioni europee che sono per la politica lo spartiacque tra il mondo noto e quello ignoto. Anche questo spiega il surplace. Pochi credono che la riforma possa arrivare a conclusione e parte dell’opposizione immagina che, nel caso, ci sarà tempo più avanti per opporsi. Forza Italia e Fratelli d’Italia, come già al senato, pur avanzando un bel po’ di critiche al disegno di legge, o nascondendosi dietro un silenzio impenetrabile, stanno votando a favore assieme a Lega e 5 Stelle. L’hanno già fatto al senato. Questo dovrebbe garantire alla legge una maggioranza enorme, superiore ai due terzi, ma all’atto pratico non succede perché in molti preferiscono semplicemente assentarsi .

Il Pd è adesso saldamente contrario. Non tanto per ragioni di merito, la premessa di ogni intervento è che il partito è favorevole a un taglio dei parlamentari, anche più drastico. Ma perché la riforma è un intervento «misero, minimale». O come sostengono i grillini e il ministro Fraccaro, ispirati dalla migliore dottrina costituzionalistica, «circoscritta e puntuale». Si interviene sul numero dei parlamentari ma solo su quello, non sulle funzioni delle camere per differenziarle (come aveva tentato la fallita riforma Renzi-Boschi), non sull’elettorato attivo e passivo che resta diverso per camera e senato. Gli emendamenti presentati su questi punti dal radicale di +Europa Magi e dai democratici Ceccanti, Migliore e Giorgis sono stati ritenuti inammissibili. Il presidente della camera Fico lo ha ribadito ieri e si è anche arrabbiato per le accuse di faziosità arrivate dai banchi del Pd: «Osservazioni gravi e prive di fondamento». Ma nella polemica sia i 5 Stelle che il Pd nascondono una parte di verità.

I grillini non potevano accettare che fosse messo in votazione l’emendamento che abbassa a 18 anni l’età per votare al senato, una riforma altrettanto popolare di quella che taglia i parlamentari. Avrebbero dovuto votare contro per non compromettere la doppia approvazione conforme, perdendo così lo spot elettorale. Fraccaro invece è già partito: «Il Pd al senato ha votato contro – ha ricordato ieri – auspico che tutte le forze politiche possano condividere il provvedimento nel metodo e nel merito». Sa benissimo invece che proprio l’ostinazione a non ammettere gli emendamenti per allargare il perimetro della discussione offrirà al Pd il gancio per votare contro, giustificando così una scelta che anche i dem temono sia impopolare. Fico ha motivato l’inammissibilità in maniera tale che il Pd sta valutando di fare ricorso alla Corte costituzionale (adesso aperto a ogni singolo deputato). Magi si è visto rifiutare un emendamento di una riga che interveniva solo sullo stesso articolo 56 della Costituzione che è al centro della riforma: una possibile violazione del regolamento della camera che considera inammissibili solo gli emendamenti «relativi ad argomenti affatto estranei a quelli oggetto della discussione».

Preclusa la discussione su ogni altro argomento diverso dal sì o no al taglio dei parlamentari – delle «poltrone» – non si parla neanche del sicuro taglio alla rappresentanza: i partiti più piccoli faticheranno a mandare un solo rappresentante in parlamento. Così le votazioni scivolano via veloci. Due mezze giornate basteranno per una riforma storica della Costituzione: 64 emendamenti presentati, sedici dichiarati inammissibili, uno precluso. Ieri ne sono stati votati, e bocciati, 26; oggi ne restano 21 poi le dichiarazioni di voto finali. E l’esultanza su Facebook, certo. Nel giorno di Siri è quel che ci vuole.