La nuova crisi scatenata dalla guerra russa in Ucraina, e il contraccolpo delle sanzioni al regime di Putin, stanno bloccando il rimbalzo tecnico registrato nell’anno successivo alla manifestazione della pandemia del Covid.

Nelle anticipazioni del rapporto della Svimez, presentate ieri alla Camera, emergono

  1. gli effetti del rallentamento del Prodotto interno lordo (quest’anno si attesterà sul 3,4%, il prossimo crollerebbe allo 0,9%);
  2. l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime;
  3. l’esplosione della questione sociale seppellita dal belletto dei «bonus» voluti sia dal governo «Conte 2» che da quello «Draghi»;
  4. la fiammata inflazionistica persistente, la fine delle politiche monetarie e l’aumento dei tassi di interesse decisi dalla Banca Centrale Europea che potrebbero avviare un ciclo recessivo dell’economia.

Tutti questi elementi incideranno pesantemente sulla «crescita» del Pil nel Mezzogiorno che è aumentato del 5,9% nel 2021 (a livello nazionale del +6,6%).

Questo comporta il mantenimento delle diseguaglianze territoriali tra Nord e Sud e una velocità differenziata tra le regioni appartenenti ai diversi blocchi. Al centro-nord crescono Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, al centro-Sud Abruzzo, Campania, Puglia. Lo sviluppo diseguale dunque resta.

L’aumento dei prezzi dell’energia elettrica è superiore di circa 7 volte a quello osservato nel resto del paese.

Anche sul lavoro questo evidente. Nel primo trimestre del 2022 l’occupazione del Mezzogiorno è tornata a livelli del primo trimestre del 2020 con ancora 280 mila posti di lavoro da recuperare. L’occupazione nel 2021 è interamente dovuto a una crescita del precariato: dipendenti a termine e tempo parziale involontario.

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Il picco dell’inflazione del 2022 dovrebbe interessare in maniera più marcata il Sud (8,4%; 7,8% nel Centro-Nord), dove dovrebbe essere più lento anche il rientro. L’impatto sui consumi dovrebbe estendersi a tutto il biennio 2023-2024.

Nel Mezzogiorno dove salari e redditi sono più contenuti che in altre zone del paese il potere d’acquisto, e i risparmi delle famiglie, saranno senz’altro più compromessi. Senza contare che la mutazione drastica delle condizioni macroeconomiche potrebbero incidere sulle decisioni di investimento delle imprese, nonostante la quota riservata al Sud dal piano di ripresa e resilienza («Pnrr») in stallo per la crisi di governo e per la fine anticipata della legislatura.

Interessante è la critica della Svimez alla logica neoliberale condivisa da tutti i partiti per il «Pnrr».

«Mettere in competizione gli enti locali ha allontanato dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse». Questa impostazione rende tra l’altro difficile il completamento delle opere previste dato che ci sono in media oltre 300 giorni di ritardo per il completamento delle loro fasi progettuali.