Cara Direttrice,

ho letto con interesse e attenzione l’articolo che il vostro giornale ha pubblicato in merito alla sentenza del tribunale di Torino sulla vicenda Foodora.

Poiché il giuslavorista Martelloni chiama in causa anche la mia proposta di varare nel Lazio una normativa regionale a tutela dei rider, ritengo doveroso spiegare brevemente perché ho intenzione di proseguire questa battaglia, nonostante sia consapevole del rischio che un intervento regionale possa, come sostiene Martelloni, confliggere con l’art.117 della Costituzione.

Andremo avanti nel Lazio per due motivi: in primo luogo perché riteniamo sia possibile lavorare a forme di tutela compatibili con le normative nazionali.

Impegneremo il governo regionale per costruire una piattaforma normativa, studiando soluzioni per estendere ai lavoratori della cosiddetta gig economy le dovute prerogative di natura assicurativa, previdenziale, di sicurezza, dei quali non possono essere privati, anche prevedendo forme di garanzia per un salario minimo per mezzo della contrattazione sindacale.

Sottoporremo queste soluzioni a una consultazione pubblica, aperta alle forze politiche, sindacali, e delle imprese, alla partecipazione propositiva di singoli cittadini, di studiosi, di lavoratori che hanno sperimentato personalmente questa condizione, ma anche delle aziende che operano nella gig economy.

Vengo quindi alla seconda, fondamentale ragione che mi spinge ad andare avanti.

Un motivo di natura strettamente politica, che rivendico: la questione dei rider e della gig economy evidenzia in maniera eclatante l’incompletezza della proposta politica e normativa sui temi del mercato del lavoro. Generando peraltro una delle più grandi contraddizioni di questi tempi, che vede ciascuno di noi beneficiare come utente dei servizi dell’era digitale, ma che scarica i costi sociali e umani dell’innovazione sulle spalle del lato più debole della relazione: il lavoratore.

Siamo i primi a riconoscere nell’innovazione tecnologica una delle grandi frontiere per lo sviluppo, ma dobbiamo iniziare a preoccuparci delle persone che si trovano in una situazione di dipendenza economica a cui nessuno ora parla.

Il numero di queste persone è in rapido aumento e, se non ci poniamo immediatamente il problema delle tutele retributive e previdenziali, della sfera dei diritti e della dignità dei lavoratori nell’epoca dell’economia digitale, rischiamo di creare uno sterminato limbo dei diritti, destinato a essere sempre più popolato.

Specie in questa fase di afasia della politica, serve quindi un segnale forte, e io voglio cominciare a lanciarlo dal Lazio. Già il prossimo lunedì avremo il primo incontro con le organizzazioni sindacali sul tema dei rider.

Sarà nostro impegno proseguire su questo fronte di battaglia per i diritti, con l’obiettivo di trovare soluzioni efficaci nel Lazio e, insieme, di portare l’argomento dentro una discussione nazionale.

*Presidente della Regione Lazio 

La lettera di Mastelloni pubblicata sul manifesto del 12 maggio 2018

Cara Direttrice,

dopo aver letto la risposta di Nicola Zingaretti all’intervista che ho rilasciato al manifesto, in tema di tutele del lavoro dei riders, seguita alla sentenza del Tribunale di Torino sul caso Foodora, credo sia doverosa e, spero, utile qualche precisazione.

Alla domanda di Roberto Ciccarelli su cosa pensassi di un’ipotetica legge della Regione Lazio sul “salario minimo” ho risposto nel solo modo in cui avrebbe risposto, credo, qualunque giuslavorista, affermando che un tale provvedimento sarebbe costituzionalmente illegittimo perché assunto in violazione del riparto di potestà normativa tra stato e regioni istituito dall’articolo 117 della Costituzione.

Ciò detto, con tale scolastica affermazione, non intendevo affatto scoraggiare iniziative di istituzioni ed enti locali finalizzate a tutelare i rider o, più in generale i lavoratori della gig economy, la cui condizione materiale è riconducibile, a mio modo di vedere, in parte ai vuoti normativi presenti nella legislazione nazionale, in parte, ai danni che le riforme del lavoro del nuovo secolo hanno prodotto, comprese quelle elaborate dal PD, la peggiore delle quali è senz’altro il Jobs Act. Al contrario! Oltre ad essere uno studioso di diritto del lavoro in veste di consigliere comunale di Coalizione civica per Bologna ho molto insistito affinché, nella mia città, l’amministrazione intervenisse, in modo diretto e indiretto, a tutela di un segmento del lavoro povero come è, certamente, quello svolto dai ciclofattorini.

Vorrei dire a Zingaretti, che, oltre a ritenere utile e meritoria ogni iniziativa legislativa regionale, specie orientata a garantire misure di welfare e sicurezza, mi paiono praticabili anche altri tipi d’intervento: regioni, ma anche i comuni, possono esercitare le competenze di cui dispongono in tema di mobilità e circolazione stradale per interferire positivamente con le condizioni di lavoro dei rider, anche assumendo iniziative coraggiose: il divieto del pagamento a cottimo che espone i riders ad un notevole aumento del pericolo per la sicurezza propria e di altri utenti della strada.

Un ente locale può favorire la stipulazione di protocolli trilaterali che coinvolgano le organizzazioni rappresentative dei rider e le piattaforme, promuovendo un’innovativa “contrattazione di strada” con le bacheche sindacali nelle piazze delle città. L’idea della Carta del lavoro digitale nata a seguito delle mobilitazioni di Rider Union Bologna è un primo esempio.

Una Regione può farsi promotrice di iniziative legislative nazionali per tutelare tutto il lavoro reso in condizioni di dipendenza economica, a prescindere dalla natura autonoma o subordinata del medesimo.

Sapendo, tuttavia, che proposte in tal senso sono state autorevolmente avanzate in ambito scientifico (Perulli) e sindacale (Carta dei diritti della Cgil), e scartate proprio dal partito di cui Zingaretti è autorevole esponente.

Ma non è mai troppo tardi.

Federico Martelloni è Giuslavorista e Consigliere comunale Coalizione civica per Bologna