«Ci aspettano settimane estremamente difficili», ha dichiarato oggi il ministro della difesa ucraino, Oleksii Reznikov, aggiungendo che la guerra entra in nuova fase in cui i tempi si dilatano. Forse la consapevolezza che la strategia russa, una volta fallito il blitzkrieg su Kiev, non risponda più a delle scadenze prefissate si è fatta largo anche tra le alte sfere dell’esercito ucraino. «Nessuno può prevedere quando avverrà una svolta a favore dell’Ucraina» ha spiegato Reznikov, «ma ci vorrà tempo affinché le armi pesanti straniere fornite all’Ucraina bilancino le forze russe».

ANCHE PERCHÉ, mentre gli stati maggiori di entrambi i Paesi fanno le proprie valutazioni tattiche, lungo il fronte est gli scontri continuano senza sosta. Stamane le truppe di Mosca hanno distrutto il ponte tra Severodonetsk e Rubizhne per evitare che gli ucraini possano inviare rinforzi nella zona ed eliminare le ultime sacche di resistenza nella cittadina occupata. Il giorno prima gli ucraini avevano a loro volta fatto saltare due ponti sul fiume Severskij Donec nei pressi di Bilogorivka per impedire che i russi potessero approfittare della direttrice che da Izyum porta all’oblast di Donetsk. In altri termini, da un lato e dall’altro, si cerca di inficiare le manovre del nemico ma, al momento, gli avanzamenti di fanteria sono ancora poco rilevanti rispetto all’«offensiva massiccia» predetta alla fine di aprile.

A proposito di Izyum, abbiamo già parlato dell’importanza strategica di questa cittadina a metà strada tra Kharkiv e l’oblast di Lugansk, ma proprio oggi, il think tank americano Institute for the Study of War ha avanzato l’ipotesi che «le forze russe potrebbero rinunciare all’asse di Izyum» e dislocarsi per accerchiare le truppe ucraine vicino a Severodonetsk e Lysychansk. Inoltre, l’Isw ha insistito sul fatto che la «demoralizzazione e il rifiuto a combattere tra le unità russe» suggerisca che la loro potenza d’assalto continua ad essere bassa e potrebbe diminuire ulteriormente.

IN ATTESA DI COMPRENDERE se questa eventuale deviazione strategica rientri nei piani russi, nelle ultime 24 ore si registrano altre quattro morti nel Donbass ucraino, due a Novoselivka, una ad Avdiivka e una a Lyman. «Altre cinque persone sono rimaste ferite», ha scritto Pavlo Kyrylenko, il governatore regionale dell’oblast di Donetsk, in un post su Telegram. Quasi in contemporanea, lo stato maggiore ucraino, ha dichiarato nel suo comunicato operativo giornaliero che le forze russe hanno continuato a tentare di prendere d’assalto diverse città nel Donbass, ma «non hanno avuto successo».

Quest’ultima dichiarazione è particolarmente significativa se si pensa che in realtà da almeno due settimane l’attività dell’artiglieria russa sui principali centri della zona si è intensificata fino a diventare incessante. Inoltre, tutto lascia pensare che nell’oblast di Lugansk la situazione sia giunta a un punto critico per la tenuta delle difese ucraine, soprattutto in virtù del fatto che da ieri anche le forniture elettriche e idriche sono state interrotte.

Tuttavia, ciò che è successo nella regione di Kharkiv, poco a nord rispetto all’area della quale abbiamo appena trattato, consegna un quadro diverso. L’offensiva ucraina è stata possibile, ormai è evidente, grazie alla ritirata strategica russa verso posizioni di sicurezza nei pressi del confine con la regione di Belgorod. E da più parti sono stati sollevati dubbi sull’effettiva capacità dei russi di tenere vaste aree di territorio occupato intorno alle principali città ucraine.

SI PENSI A KIEV e agli scontri che per oltre un mese si sono verificati a Irpin, Chernihiv, Gostomel. Brovary. Sembrava che la capitale fosse cinta d’assedio e, invece, a un certo punto i militari di Mosca hanno ricevuto l’ordine di ripiegare. Da un lato il ministro degli esteri russo Lavrov aveva parlato di «dimostrazione di buona fede» in nome dei trattati di pace, dall’altro gli analisti internazionali parlavano di riposizionamento strategico. Fatto sta che intorno a Kiev in breve tempo gli ucraini erano rientrati in possesso di tutto il territorio perduto durante quaranta giorni di duri scontri.

Ora, nella regione di Kharkiv, la dinamica sembra essere molto simile. A tale proposito, ieri alcuni funzionari del ministero della difesa ucraino hanno dichiarato che le truppe russe stavano cercando di bloccare le forze di Kiev dall’avanzare fino al confine utilizzando fuoco di sbarramento e piazzando una gran quantità di mine lungo le strade.

«IN DIREZIONE DI KHARKIV» si legge in una nota ufficiale del portavoce del ministero della Difesa Oleksandr Motuzyanyk «le unità dell’esercito russo si stanno raggruppando e stanno cercando di impedire l’ulteriore avanzata delle nostre truppe in direzione del confine di stato dell’Ucraina; a questo scopo, gli occupanti lanciano incessanti attacchi di artiglieria contro le nostre unità di truppe per infliggere perdite umane e danneggiare armi e attrezzature militari».

INTANTO, VICINO AL CONFINE con la Bielorussia, nella regione di Chernihiv, il bilancio delle vittime e dei feriti in seguito all’attacco missilistico di giovedì contro due scuole nella città di Novhorod-Siversky, continua ad aumentare. Secondo Andriy Podorvan, consigliere del governatore regionale, al momento i morti accertati sarebbero 7 e i feriti 19.

Sul fronte sud la notizia più significativa della giornata è il danneggiamento di un’altra nave russa nel Mar Nero. Oleksiy Arestovych, consigliere del capogabinetto del presidente Zelensky, ha dichiarato che nella tarda serata di giovedì la nave da trasporto «Vsevolod Bobrov» è stata colpita mentre cercava di consegnare un sistema antiaereo all’isola dei Serpenti.

Secondo Arestovych, la nave è stata gravemente danneggiata ma non si ritiene che sia affondata. In serata, tuttavia, un portavoce dell’amministrazione militare regionale di Odessa ha affermato che a bordo della «Vsevolod Bobrov» sarebbe scoppiato un incendio dopo l’attacco. Al momento da parte russa non non ci sono state conferme e non sono state segnalate vittime.

Chiudiamo con le dichiarazioni del presidente ucraino sulla Transnistria. Abbiamo scritto più volte del pericolo strategico che le truppe russe e i miliziani filo-russi di stanza nella regione separatista moldava costituiscono per Kiev. Interrogato su tale eventualità durante un’intervista a Rai Uno giovedì sera, il presidente Zelensky ha però rassicurato sul fatto che «al momento la Transnistria non è una seria minaccia per l’Ucraina» in quanto al massimo 3 mila dei circa 15 mila soldati presenti nella regione sarebbero addestrati a sufficienza per entrare in guerra.