Nel giorno in cui la legge sul fine vita torna in Aula alla Camera con l’ambizione di affrontare la discussione – subito affossata appena in un paio d’ore e rinviata probabilmente a marzo – sugli oltre 200 emendamenti presentati al testo base, Papa Francesco pronuncia parole dure contro il suicidio medicalmente assistito nell’Udienza generale a San Pietro. «La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata», afferma il pontefice nella catechesi dedicata a San Giuseppe, patrono della “buona morte”. Un monito canonico, ma questa volta il capo di Stato vaticano si spinge sulla stessa strada biopolitica già battuta da tutti i suoi precedessori: «Questo principio etico – sottolinea Bergoglio – riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti». Parole che danno sostegno a quanti – dalla Lega all’Udc, dal neonato comitato #NoEutanasiaLegale all’Osservatore romano – lavorano per una legge che sia in grado di fermare il referendum sull’eutanasia legale, e allo stesso tempo restringa il campo del diritto delineato dalla Corte costituzionale nella sentenza del 2019.

BERGOGLIO indica la via delle «cure palliative» come l’unica percorribile per morire «nella maniera più umana possibile», e ribadisce, come fece per ultimo anche Benedetto XVI, che «risulta immorale l’accanimento terapeutico». E infine torna sulla cosiddetta cultura dello scarto che ha dato il titolo a tanti recentissimi convegni: «Va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati».

Parole che, sottolinea la senatrice Udc Paola Binetti, membro della commissione Sanità e molto attiva in queste ultime settimane con seminari e confronti tra cattolici, «non possono essere ignorate e soprattutto sono inequivocabili, sia per l’autorevolezza di chi le propone che per il generale consenso di cui dispone, anche dopo la sua ultima intervista da Fazio».

E IN EFFETTI, l’analisi della gran mole di emendamenti alle «Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita» – che avrebbero potuto essere in parte accolti e raggruppati in un maxi emendamento, nell’intenzione dei due relatori Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5S) – si è esaurita ieri in appena un paio d’ore. Il testo era arrivato per la prima volta in Aula alla Camera a metà dicembre, ma la discussione generale si era consumata in un lasso di tempo altrettanto breve e davanti a scranni semi deserti. Ieri, con 196 voti di differenza, la maggioranza dei deputati ha rinviato l’esame alla prossima settimana, ma non prima di martedì 15 febbraio e dopo che sarà terminato l’esame del dl Covid sullo stato di emergenza.

«Neanche questa settimana si comincerà a votare sul testo e questo significa – fa notare il presidente di + Europa, Riccardo Magi, la cui firma compare su una ventina di emendamenti – che se ne riparlerà a marzo perché nelle prossime settimane ci sono decreti in scadenza che sorpassano questo testo di legge, che sono solo 40 anni che aspetta di essere approvato». La Lega (50 emendamenti depositati) però annuncia l’astensione sulla richiesta di rinvio della discussione a marzo avanzata dai relatori: «Prendiamoci 15 giorni per verificare le condizioni per poter ulteriormente migliorare la legge», chiede in Aula Alessandro Pagano.

INSOMMA, l’accordo di maggioranza non c’è e non sembra neppure all’orizzonte. Ma a premere affinché si arrivi ad un’intesa c’è la sentenza della Consulta e tra poco – se, il 15 febbraio, la Corte costituzionale lo ammetterà – anche il referendum sull’eutanasia legale che molti vorrebbero fermare. A questo punto tanto vale attendere la decisione dei giudici costituzionali per capire in che direzione debba muoversi il parlamento. Il Pd non ha presentato emendamenti, e Italia Viva ha lasciato libertà di coscienza sul voto.

Il centrodestra e i cattolici considerano invece «inaccettabile» qualsiasi azione che renda effettiva la sentenza della Consulta Cappato/Dj Fabo del 2019, come la bozza del decreto ministeriale sui comitati etici territoriali preparata da Roberto Speranza e inviata alla Conferenza Stato-Regioni. Secondo la Consulta infatti (e anche secondo il testo di legge in discussione) spetta al comitato etico territorialmente competente verificare che sussistano le condizioni fisiche e mentali del paziente per ottenere l’accesso al suicidio medicalmente assistito.

«I REFERENDUM non sono mai piaciuti ai grandi partiti – commenta Emma Bonino, di + Europa – Li abbiamo sempre dovuti tirare con la gru. Ogni volta la scusa è sempre la stessa: non è il momento, le priorità sono altre e così via. In 30 anni ne ho viste di tutti i colori». Mentre il dem Walter Verini si augura «a nome del Pd, che si arrivi a un voto finale sul provvedimento che dia risposte alla sofferenza di tante persone che non meritano di essere lasciate sole».