«Ricordo quel giorno, io ero in pieno stress psicofisico, perché ero presidente di una Regione di centrodestra che stava facendo una cosa che non era esattamente condivisa da tutti, ed ero soggetto a molte critiche. Chiamai Beppino Englaro e gli dissi: Beppino, portiamola in Svizzera, questa ragazza. E Beppino mi dette una lezione. Mi disse: guarda, se avessi voluto portarla in Svizzera, l’avrei già fatto. Io sto facendo questo come battaglia per tutti voi, per tutti quelli che verranno, perché non ci siano altre Eluana Englaro. Io questo voglio testimoniarlo qui, è per questo che ho chiesto di intervenire ed è per questo che credo che questa legge si inserisca in quel percorso di civiltà che abbiamo il dovere di approvare».

Il deputato Renzo Tondo, di Noi con l’Italia Ac, interviene a metà mattinata nell’Aula semideserta di Montecitorio. Ed è l’unico che spiazza, scarta dagli ordini di scuderia. Era presidente del Friuli Venezia Giulia, Tondo, nel febbraio 2019, quando il governo Berlusconi ricorse perfino ad un decreto legge (che Napolitano non firmò) per fermare la sentenza definitiva con la quale si ordinava di staccare il sondino nasogastrico dal corpo di una ragazza in stato vegetativo da 11 anni. «Vi assicuro – ricorda Tondo – che quella persona non poteva stare assolutamente a questo mondo, perché, se era un vegetale come l’ho vista, non esisteva. E se avesse avuto il cervello all’interno di quel corpo, sarebbe stata una cosa devastante». Al tempo però Berlusconi, «il patriota» che oggi ambisce alla più alta carica dello Stato, affermò che Eluana poteva ancora fare figli.

QUINDI ANNI di dibattito nella società reale (il 20 dicembre 2006 moriva Piergiorgio Welby) si esauriscono in quattro ore di discussione generale in Aula alla Camera dove, con un pungo di deputati presenti, per la prima volta approda un progetto di legge sul suicidio medicalmente assistito. «Un evento storico», lo definisce giustamente la M5S Francesca Ruggero che si commuove mentre ricorda il dovere dello Stato italiano di «dotarsi di norme certe per andare incontro ai malati senza speranza», e con la voce rotta dedica l’intervento a suo padre.

RICCARDO MAGI(+Europa), tra i promotori del referendum sull’eutanasia legale che non viene superato dalla legge in esame, coglie la portata di un «evento» atteso dalla prima pdl sull’eutanasia presentata da Loris Fortuna nel 1984, ma mette in guardia il Parlamento sul rischio di approvare un testo che non corrisponde neppure «ai paletti messi dalla sentenza della Corte costituzionale» del 2019.

Giorgio Trizzino, del gruppo Misto, da medico racconta di un suo paziente, un «ragazzo che aveva una neoplasia nella zona testa-collo, e che, a causa della deturpazione del proprio viso, non riusciva più a guardarsi allo specchio, perché non riusciva più a riconoscere quella mostruosità», e «quella lingua, che era costretto a tenere sempre fuori, perché non riusciva più a essere contenuta nella bocca: una sofferenza indicibile». Parla di «oscurantismo medievale» e, rispondendo indirettamente a chi sostiene che basti la legge sulle cure palliative, ricorda che «non tutti i dolori possono essere sedati, neanche con dosi altissime di oppiacei». Ma c’è anche chi, come Martina Parisse di Coraggio Italia, parla di pratiche eutanasiche che a suo dire in Belgio e in Olanda sono andate fuori controllo al punto che oggi «tanti anziani olandesi si stabiliscono in Francia e sperano che in questo Paese non verranno uccisi altrettanto facilmente».

MA AL NETTO di certi eccessi, la discussione generale è stata sicuramente pacata e con toni all’altezza della situazione, come chiedevano i relatori del testo messo a punto in tre anni nelle commissioni Giustizia e Affari sociali, il dem Bazoli e il 5S Provenza. Ma è una discussione che non appassiona più di tanto i parlamentari, perché non sposta voti, in questo momento. Sembra passato un secolo da quando la notizia della morte di Eluana esplose come una bomba nella plenaria del Senato riunita per far varare in tempi record un ddl che fermasse la sentenza della Cassazione che dava ragione a Beppino Englaro. I cuori oggi sono rivolti al Quirinale. La discussione si chiude con la rinuncia ad una replica da parte dei relatori e perfino del governo. Termine per la presentazione degli emendamenti e nuova calendarizzazione: da stabilire. Molto probabilmente, dopo l’elezione del capo dello Stato.