C’è un meta-ebreo che surclassa tutte le rappresentazioni storiche dell’ebraismo, compresa quella contemporanea, un’immagine sedimentata nel senso comune che azzera la molteplicità delle appartenenze politiche e culturali, una fotografia nella quale «l’ebreo immaginato è assai diverso dall’ebreo reale». Di questo ebreo immaginario e del suo discendente, il sionismo immaginario, ragiona Gadi Luzzatto Voghera – storico dell’ebraismo e studioso dell’antisemitismo con molti titoli all’attivo – in Sugli ebrei, domande su antisemitismo, sionismo, Israele e democrazia edito da Bollati Boringheri (pp. 135, euro 13): domande reali e risposte possibili che non trascurano il presente. «Parlare degli ebrei come un gruppo ben determinato e riconoscibile nello spazio e nel tempo – scrive Luzzatto Voghera – è un’operazione per lo meno azzardata» e, a far da specchio, «ci pensa la variegata costellazione che compone il mondo dell’antisemitismo che indica e definisce ebrei tutti coloro che corrispondono alle caratteristiche negative della loro retorica»: più che in un’identità unica e compatta è necessario declinare gli ebraismi nella modernità, attagliandoli al contesto storico che ne ha partorito ciascuna declinazione.

LUZZATTO VOGHERA propone quindi un percorso che prende le mosse dall’Illuminismo: «Durante il processo di emancipazione degli ebrei nelle società europee era decisamente prevalente la spinta ad una rapida integrazione in una società che, a sua volta, stava subendo profonde e radicali trasformazioni. Il modello sociale borghese che si andava affermando nella nascente società industrializzata esercitava una forte attrazione (…) al progresso bisognava partecipare, a costo di rinunciare in parte o del tutto al proprio retaggio ancestrale». Si apre da allora un processo, tutt’ora in corso, che vede il mondo ebraico confrontarsi con quello esterno ai ghetti, oramai chiusi in larga parte di Europa, e declinarsi in un incontro costante e dagli esiti più diversi con il contesto intellettuale, economico e sociale della società circostante. Luzzatto Voghera propone una rassegna delle forme e dei mutamenti dell’ebraismo delineandone una costellazione composita che arriva fino ai nostri giorni: descrive il confronto tra riforma e tradizione che avviene per lo più in America, la nascita di una cultura ebraica secolare fino ad allora inimmaginabile, e racconta la realtà ebraica italiana a partire dalla fine dell’Ottocento di cui è uno degli studiosi più significativi.

CENTRALE anche il confronto con il nascente movimento sionista che «non fu il frutto se non in forme parziali di un pensiero politico ebraico autonomo: gli studiosi concordano nel giudicare il sionismo come forma tardiva dei nazionalismi occidentali dal quale mutuò per intero le forme politiche e i linguaggi», «infine – prosegue Luzzatto Voghera – ed è forse questo il tema più problematico che viviamo oggi, non si può non tentare un ragionamento sulle dinamiche del fondamentalismo ebraico: un fenomeno moderno sconosciuto alla storia del passato se non in forme molto limitate e particolari (…). In tutti questi casi risulta problematico e per certi versi inutile e dannoso giungere ad una definizione univoca di politica ebraica in età contemporanea».

Luzzatto Voghera propone quindi una pietra angolare cui fare ricorso nella riflessione: la complessità come categoria del pensare, la capacità di sottrarsi ai singolari irrigiditi e congelati per declinarne i plurali: «Si tratta a tutti gli effetti dell’esatto opposto della propaganda e ha il difetto – sul piano del marketing intellettuale e politico – di non offrire al pubblico le certezze di cui va alla ricerca»: è questa – sostiene – «la risposta più efficace alla semplificazione proposta dal linguaggio antisemita».

INOLTRE, suggerisce lo studioso, «nell’ambito della riflessione sulla memoria della Shoah la complessità connessa all’utilizzo e all’incrocio di fonti differenti si pone in contrasto con la pratica malata e pericolosa dell’uso politico della storia e rende più difficoltosa la distorsione della storia stessa». Domande reali e risposte puntuali si alternano nelle pagine, proponendo – sempre – una pluralità che supera la retorica dei «buoni-buoni» versus i «cattivi-cattivi».