L’Europa deve occuparsi del caso Salis. Perché l’Ungheria, paese Ue, non può sottrarsi al rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e delle regole della stessa Unione per un trattamento adeguato degli imputati e un giusto processo. Questo il messaggio che emerge dalle parole di Roberto Salis, padre di Ilaria, invitato a Strasburgo in occasione della plenaria dell’Eurocamera – una delle ultime dell’attuale legislatura – per iniziativa degli eurodeputati italiani Massimiliano Smeriglio (Alleanza Verdi Sinistra) e Brando Benifei (Pd/S&D).

SALIS ha prima parlato di sua figlia (detenuta a Budapest da oltre un anno con l’accusa di aver aggredito due neonazisti) durante l’incontro con la stampa, a cui hanno partecipato altri europarlamentari italiani come Rosa D’Amato (Verdi), Nicola Danti (Iv/Renew Europe) e Sabrina Pignedoli (M5S). Subito dopo, con gli stessi esponenti politici, ha partecipato a un flash mob di fronte all’emiciclo, in cui sono stati mostrati cartelli con la scritta: «Break the chains» (rompete le catene) con evidente riferimento al trattamento in tribunale da parte delle autorità ungheresi (l’italiana è stata portata in aula ammanettata mani e piedi, attaccata a un guinzaglio). Assenti all’iniziativa i deputati europei di FI, FdI e Lega.

«A BREVE ci sarà la prima udienza operativa, perché finora è stata un’udienza preliminare – ha spiegato Salis, riferendosi alla convocazione in tribunale a Budapest fissata per il prossimo 28 marzo -. In quell’occasione presenteremo l’istanza per i domiciliari in Ungheria». Il padre di Ilaria ha anche chiarito come per tre volte fosse stata già avanzata la richiesta di domiciliari in territorio italiano, dato che «problemi di sicurezza che riguardano il caso di nostra figlia non ci consigliavano di fare altrimenti». La nuova richiesta sarà presentata anche alla luce della normativa Ue: «C’è una decisione quadro del 2009, realizzata espressamente per cercare di garantire che qualsiasi cittadino europeo, dovunque compia un reato, abbia gli stessi diritti di condizioni di carcerazione alternative rispetto a chi risiede nel paese dove avviene il fatto», ha ricordato il padre di Ilaria.

OLTRE AL TEMA della carcerazione, Roberto Salis ne ha toccato un secondo: la politicizzazione della vicenda giudiziaria da parte del governo e della autorità ungheresi. Ricordando le durissime condizioni di carcerazione a cui è costretta l’insegnante milanese («mia figlia deve stare chiusa in cella 23 ore al giorno, in Italia non sarebbe possibile»), Salis ha elencato una serie di falsificazioni della realtà arrivate da Budapest. Secondo Zoltan Kovacs, portavoce del premier Viktor Orban, Ilaria una vota in cella avrebbe potuto comunicare da subito con la famiglia, mentre «noi non abbiamo potuto sentirla per mesi». Non è vero neppure quanto affermato dall’ambasciatore ungherese a Roma, ovvero che Ilaria sarebbe stata già condannata per reati simili in Italia. Ed contrario ai principi dello Stato che il ministro degli Esteri ungherese, Peter Siarto, abbia definito Ilaria colpevole prima del processo e invocato una sentenza esemplare.

È ANCHE A CAUSA delle continue interferenze del governo ungherese sulla magistratura che sua figlia è «agitata e demoralizzata». Poi, rispondendo alla domanda riguardo alle difficoltà di risolvere il caso nonostante la vicinanza, anche personale, tra Meloni e Orban, Roberto Salis ha precisato: «Sicuramente ci saranno problemi diplomatici. Devo dire comunque che, fino a quando il caso è diventato mediatico, c’è stata probabilmente un’azione da parte del governo italiano molto meno efficace di quello che è successo invece dal 31 di gennaio in poi. Qualcosa è cambiato nel momento in cui ci sono state quelle immagini».

C’È STATO poi un incontro con la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola: «Ha ascoltato con interesse e ha ribadito che, per quanto di sua competenza, seguirà questa vicenda – ha commentato Smeriglio -. Siamo contenti che si allarghi il fronte istituzionale di attenzione per la situazione di Ilaria Salis».