Sale la tensione diplomatica tra India e Pakistan il giorno dopo l’attentato rivendicato dal gruppo jihadista separatista Jaish-e-Mohammed (Jem) nello stato indiano del Jammu e Kashmir, il più grave dal 1989 con oltre 40 membri delle forze di sicurezza indiane uccisi. Ieri il ministero degli Esteri di Delhi ha ricordato che Jem è «un’organizzazione terroristica con base in Pakistan a cui è stata data piena libertà di operare (…) in territori sotto il controllo del Pakistan e di effettuare attacchi in India e altrove impunemente».

E poco dopo la convocazione dell’ambasciatore pakistano, ha rincarato la dose il premier indiano Narendra Modi: «Se il nostro vicino, che è totalmente isolato nel mondo, pensa di poter destabilizzare l’India attraverso le sue tattiche e cospirazioni, sta facendo un enorme errore». Modi – la cui popolarità è in affanno a pochi mesi dalle elezioni – ha aggiunto che «il sangue della gente sta ribollendo» e dunque l’India darà una «forte risposta» alla strage.

Da Islamabad è giunta via tweet la risposta piccata del governo pakistano: «Respingiamo fermamente qualsiasi insinuazione di elementi dei media e del governo indiani che cercano di collegare l’attacco al Pakistan senza indagini».

Quello teso giovedì sull’autostrada Jammu-Srinagar è stato un vero e proprio agguato esplosivo, con una serie di ordigni artigianali e forse un attentatore suicida che hanno colpito una colonna di automezzi dell’esercito e della polizia in transito nell’area di Lethpora. A farne principalmente le spese sono stati gli agenti della Forza di polizia centrale di riserva (Crpf).

Il primo provvedimento preso prevede l’introduzione di dazi sulle importazioni dal Pakistan. Proteste anti pakistane sono esplose nella giornata di ieri in varie città dell’India.