«Uno di questi apriva la cella di isolamento e diceva a S.M. di entrare; poiché S.M, temendo di essere picchiato, non voleva entrare, uno degli agenti lo colpiva con un calcio da dietro e lo faceva rovinare a terra, battendo la testa; a questo punto tutti gli agenti lo colpivano con calci e pugni…». E così via. Questo accadeva, secondo la ricostruzione dei giudici milanesi, alle porte della cella di isolamento dell’istituto penale per minori Beccaria di Milano. L’isolamento in carcere fa male. Ha effetti devastanti dal punto di vista psicologico, fisico e sociale. Tra coloro che si sono tolti la vita nelle carceri italiane, uno su dieci tra il 2023 e il 2024, si è suicidato mentre era stato trascinato in cella di isolamento.

Antigone e Phisicians for Human Rights Israel hanno avviato dal 2022 una campagna a livello globale per superare questa pratica carceraria che costituisce il residuo storico di una concezione premoderna della pena. Isolare una persona, anche per periodi non lunghi, significa farle del male, destabilizzarla, intimidirla, terrorizzarla, sottrarla agli sguardi, ai controlli, alle rassicurazioni. Nelle sezioni di isolamento i detenuti vengono lasciati alla mercé dei custodi. Il ragazzino pestato al Beccaria lo sapeva e per questo non voleva entrare nella cella di isolamento, luogo dove le videocamere sono di solito meno presenti e meno funzionanti.

Antigone e Phisicians for Human Rights Israel hanno elaborato linee guida dirette a superare ogni forma di isolamento in carcere a livello internazionale. Tra i primi firmatari non vi sono solo studiosi come Andrew Coyle della University of London o attivisti come David C. Fathi, dell’American Civil Liberties Union, ma anche alti funzionari delle Nazioni Unite come Juan E. Mendez e dirigenti penitenziari come Rick Raemisch, già a capo delle carceri del Colorado negli Usa, oltre ad esperti come i nostri Mauro Palma e Grazia Zuffa. Oggi le regole penitenziarie Onu prevedono che l’isolamento disciplinare non possa superare i 15 giorni.

DI TUTTO QUESTO, e di come superare la pratica dell’isolamento carcerario ne discuteranno esperti internazionali e italiani lunedì 13 maggio all’università Roma Tre, presso il dipartimento di Giurisprudenza.

Anche in Italia l’isolamento è ampiamente ammesso nelle legislazione interna. Si può subire l’isolamento disciplinare sino a 15 giorni nel caso di infrazioni disciplinari. Si può essere posti in isolamento giudiziario dai magistrati nella fase della custodia cautelare allo scopo dichiarato di evitare che gli arrestati possano precostituire tesi difensive. E poi c’è l’obbrobrio giuridico dell’isolamento diurno previsto all’articolo 72 del codice penale del 1930 (dunque, un codice dichiaratamente fascista) che prevede l’isolamento diurno da sei mesi a tre anni come pena vera e propria nel caso dei pluri-ergastolani. Nel caso dell’isolamento diurno ci attendiamo che un giudice sollevi la questione davanti alla Corte Costituzionale affinché lo si cancelli dall’ordinamento giuridico.

L’isolamento come pena è palesemente violativo dell’articolo 27 della Costituzione in base al quale le pene non possono essere contrarie al senso di umanità e «devono tendere alla rieducazione del condannato». Non si vede come l’isolamento possa mai avere questo nobile scopo.

BISOGNA AVERE IL CORAGGIO di bandire del tutto l’isolamento dalle carceri (ad eccezione di quello precauzionale sanitario purché motivato da evidenti ragioni epidemiche), nel nome di un’idea di pena che non trasformi il detenuto in un oggetto da poter maltrattare, punire, vessare. Anche nei casi più difficili di detenuti problematici, violenti verso se stessi o gli altri, o con problemi comportamentali, esiste sempre un’altra via per superare il momento di crisi. Al detenuto isolato resta addosso un senso di ingiustizia e sofferenza che non lo abbandonerà mai, come i loro racconti, una volta liberi, testimoniano. Governare una struttura con la disciplina e l’isolamento è antipedagogico, esito di una cultura irriflessa di tipo autoritario.

Nei primi mesi dell’anno in corso in Italia ci sono stati ben 668 episodi di isolamento disciplinare, a cui si aggiungono 15 casi di isolamento giudiziario, disposti dalla magistratura per esigenze cautelari. Sono dunque circa 700 i detenuti messi in isolamento, più o meno l’1% della popolazione reclusa. Numeri assurdi, segno della mancanza di una capacità trattamentale diversa. In attesa che l’isolamento sia del tutto cancellato dalle carceri italiane, sarebbe necessario che chiunque vada in visita in un istituto di pena (parlamentari, consiglieri regionali, garanti a tutti i livelli) parta dalle sezioni di isolamento per osservare e denunciare in quali condizioni i detenuti là posti sono lasciati vivere, e qualche volta purtroppo, anche morire.

*Presidente Antigone