Quando è arrivata la notizia che Stellantis aveva rimborsato il credito da 6,3 miliardi concesso dal governo italiano (Conte II) il rischio che questo significasse «mani libere» per chiudere fabbriche in Italia era molto forte. È stato parzialmente fugato ieri mattina quando i vertici del gruppo nato dalla fusione fra Psa e Fca hanno contattato i sindacati. «La direzione di Stellantis ci ha comunicato che non cambiano gli impegni presi con i sindacati, a partire da quello di non chiudere alcun sito. Ne prendiamo atto positivamente, ma restiamo in attesa della presentazione del piano» spiega Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, il primo ad anticipare la notizia.
«L’azienda ribadisce gli impegni verso i siti Italiani, verificheremo che tutto questo si realizzi nel piano industriale», dice Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl.
La richiesta di un tavolo nazionale su Stellantis convocato dal governo è reiterata ormai da almeno due anni dalla Fiom. Che ora, raggiunta nelle posizioni dagli altri sindacati, allarga lo sguardo all’intero settore dell’automotive già colpito dalle crisi e delocalizzazioni dei vari Gkn, Gianetti fino alle ultime Bosch e Magneti Marelli. E ribadisce: senza una convocazione a breve da parte del governo sarà sciopero.
«In pochi giorni gli annunci di alcune aziende hanno confermato le nostre preoccupazioni. Rischiamo l’avvio di un “effetto domino” che potrebbe far perdere al nostro paese un intero settore industriale se non ci saranno interventi straordinari e urgenti con obiettivi chiari. Per salvaguardare industria e occupazione è necessario avere l’obiettivo di utilizzare la capacità produttiva: 1,5 milioni di auto di nuova generazione», affermano in una nota la segretaria generale Francesca Re David e il segretario nazionale Michele De Palma. «Senza questo obiettivo industriale e con i volumi ridotti del piano Stellantis in essere, in breve tempo perderemo la componentistica e i suoi occupati con una delocalizzazione che rischia di avere impatti forti. Occorre un piano che intervenga con risorse straordinarie per sostenere la transizione garantendo l’occupazione. È ora che il tavolo nazionale sul settore riprenda e che ci siano tavoli singoli alla presenza del presidente del Consiglio, dei ministri competenti, degli amministratori delegati delle multinazionali come Stellantis, Marelli, Bosch, Vitesco e dei sindacati per confrontarsi sulle azioni strategiche per sostenere ricerca, sviluppo, produzione di auto, batterie e semiconduttori. La Fiom sta tenendo assemblee in tutte le regioni con proposte concrete: è ora che il governo si metta al lavoro per impedire che l’Italia diventi il paese che in Europa pagherà il conto più salato in termini di occupazione e industria. La Fiom deciderà con i delegati le iniziative da intraprendere e da proporre a tutti i sindacati del settore, se non dovessero esserci novità», conclude la Fiom.