Il Parlamento europeo esprime ancora preoccupazione per la situazione dei diritti dell’uomo in Polonia e Ungheria e chiede che l’Ue metta un aut aut a questi paesi sul rispetto dei valori europei. Con 446 voti a favore (178 contrari, 41 astensioni) l’Europarlamento ha votato ieri un testo che constata che «la situazione in Polonia e Ungheria si è deteriorata dopo l’applicazione dell’articolo 7 (del Trattato sull’Unione europea)», come indicano recenti rapporti di Commissione, Onu, Osce, Consiglio d’Europa. L’Europarlamento chiede al Consiglio di rivolgere «raccomandazioni concrete» a Varsavia e Budapest, sottolineando che finora le audizioni (2 per l’Ungheria nel 2019, 3 per la Polonia nel 2018) non sono state realizzate a un ritmo regolare e per di più gli europarlamentari non hanno potuto assistervi, benché – per l’Ungheria – siano all’origine dell’applicazione dell’articolo 7 (per la Polonia, è stata la Commissione).

L’Europarlamento rileva «l’incapacità del Consiglio europeo a utilizzare efficacemente l’articolo 7», che potrebbe portare alla fine della procedura a sanzioni contro gli stati che violano i valori fondamentali della Ue, per esempio la sospensione del diritto di voto. Attraverso gli attacchi all’indipendenza della giustizia (per la Polonia), la limitazione del diritto di libera espressione, la corruzione, il non rispetto dei diritti delle minoranze e la repressione dei migranti (per l’Ungheria), Varsavia e Budapest ledono «l’integrità dei valori europei comuni», distruggono «la fiducia reciproca» e danneggiano «la credibilità dell’Unione nel suo insieme».

Cinque gruppi hanno votato questo testo, oltre a Renew Europa, S&D, Verdi e Gue, ci sono stati voti anche nel Ppe (contro il testo e astenuti, gli spagnoli, i francesi, Forza Italia e gli ungheresi). È il gruppo a cui appartiene ancora la Fidesz di Viktor Orbán. Questo voto potrebbe essere il segnale che a breve ci sarà un’uscita della Fidesz dal gruppo popolare. Ci sono già stati incontri con il Pis polacco, che con la prossima uscita dei Tories britannici il 31 gennaio, sarà il pilastro dell’Ecr (Conservatori e riformisti, a cui aderisce Fratelli d’Italia). Si profila l’eventualità della formazione di un grosso gruppo dell’estrema destra, l’obiettivo di Matteo Salvini, se dopo la Brexit ci sarà una fusione tra Ecr e Id (Identià e democrazia).