La Corte Suprema ha iniziato ad affrontare uno dei nodi principali di questa stagione legale: il debito studentesco.

Al centro della contesa politico-giuridica c’è la proposta del presidente Joe Biden, a lungo caldeggiata dalla sinistra dem, di condonare o almeno ridurre i debiti studenteschi di milioni di giovani americani, e che ha incontrato la ferma opposizione del Gop.
Sei stati guidati dai repubblicani (Nebraska, Missouri, Arkansas, Iowa, Kansas e South Carolina), e due entità individuali che si presentano come “conservatori”, si sono subito opposti legalmente al programma, sostenendo che cancellare circa $430 miliardi di debito dei prestiti studenteschi federali é sostanzialmente una mossa illegale, resa possibile solo grazie al pretesto della pandemia.
In effetti all’inizio del suo mandato Biden aveva sospeso il pagamento dei debiti studenteschi come parte delle manovre di sollievo economico dovute alla pandemia, una prosecuzione di quanto già fatto dall’amministrazione Trump nel 2020. Il governo Biden ha interpretato estensivamente l’Heroes Act del 2003, che conferisce al segretario all’Istruzione l’autorità di rinunciare, o di modificare, le condizioni dei prestiti studenteschi in caso di disastro nazionale. La legge era originariamente destinata a supportare gli studenti-soldati impegnati in Afghanistan e Iraq, ed è poi stata estesa a tutti a causa della pandemia.
Lo scorso agosto Biden ha annunciato che il governo federale avrebbe riattivato i pagamenti, abbuonando però 10.000 dollari di debiti universitari a milioni di studenti, con un tetto massimo di 20.000 per le persone più  in difficoltà. Nello specifico, coloro che guadagnano meno di 125.000 dollari all’anno, così come i nuclei familiari che ne guadagnano meno di $250.000, sono stati messi in condizione di vedersi cancellati i debiti fino a 10.000 dollari, con tetto massimo di 20.000 per i beneficiari delle borse di studio “Pell Grant”, concesse agli studenti universitari con i redditi più bassi.
Fino ad ora, dal momento dell’annuncio, secondo l’amministrazione Biden 26 milioni di americani hanno già presentato richiesta di cancellazione parziale del debito studentesco, e 16 milioni di domande sono già state accolte, per un costo complessivo, per le casse federali, di circa $400 miliardi nei prossimi 30 anni.
Questi numeri sono fumo negli occhi del Gop che, grazie ad alcune sentenze favorevoli emanate dai tribunali di grado inferiore, fino ad ora è riuscito a limitare l’impatto della misura voluta da Biden.
Ciò a cui si appellano i repubblicani è il fatto che nella loro interpretazione, la cancellazione parziale del debito voluta dal presidente violerebbe palesemente il potere esecutivo di Biden.
Dopo aver scalato i tribunali minori la vicenda è finita sul tavolo della Corte suprema e della sua maggioranza conservatrice di 6-3. Che sembra incline ad accogliere l’interpretazione dei sei stati che si oppongono alla misura.
La decisione è prevista per la fine di giugno o l’inizio di luglio, e non dovrà riguardare solo i casi delle cancellazioni future, ma anche quelle già approvate nei mesi passati e prima del blocco imposto dal Gop, inclusi gli interessi maturati sui prestiti agli studenti.
 «Sono sicuro che l’autorità legale per portare avanti questo piano c’è» ,ha detto Biden prima della discussione del caso alla Corte Suprema, e ha sottolineato che, quando la moratoria sui pagamenti dei prestiti quest’estate scadrà, le insolvenze  aumenteranno di molto, peggiorando ulteriormente le situazioni di chi, per poter studiare, ha dovuto contrarre un debito.
La vicenda non sembra mettersi bene per Biden e per gli studenti: il giudice capo John Roberts ha subito indicato che l’amministrazione ha violato i principi della separazione dei poteri, agendo senza aspettare un’autorizzazione da parte del Congresso che fosse sufficientemente esplicita per intraprendere una delle azioni esecutive più ambiziose e più costose nella storia degli Stati uniti.