Il mercoledì delle salme. Il governo gioca per tutto il giorno con i morti di Steccato. Un pasticcio che si trasforma in autogol.

NOTTETEMPO, l’ineffabile ministro Piantedosi decide d’ufficio il trasferimento coatto delle bare: «Spostatele al cimitero musulmano di Bologna». Dal Viminale parte l’ordine tassativo. Senza comunicarlo ai familiari. Che si aspettavano un aiuto dallo Stato. Ed invece ricevono la beffa. Oggi è il giorno del «Gran Consiglio» a Cutro e il luogo del delitto deve essere ben ripulito. La premier avrebbe dovuto omaggiare le vittime. Ma senza la struttura del PalaMilone adibito a camera mortuaria non potrebbe più farlo e si leverebbe di dosso anche l’imbarazzo. Dopo l’istantanea di Mattarella, immobile e silenzioso dinanzi alle bare una settimana fa, immaginare la premier e i suoi ministri fare la stessa cosa oggi, significherebbe rendere ancor più plastico il ritardo dell’esecutivo. La decisione del governo era stata presa dopo che era venuto meno l’impegno a coprire i costi dei trasferimenti delle salme nei paesi di origine. La disponibilità permaneva solo per pagare i trasferimenti interni. I parenti chiedevano invece che venisse permesso loro di espatriare le bare in Afghanistan.

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LA REAZIONE al funzionario della Prefettura venuto a comunicare la decisione è immediata. E così all’imbocco di via Vittorio Veneto, l’arteria principale di Crotone (e scherzo del destino luogo anche del Palazzo di Giustizia), i congiunti inscenano un sit-in. Davanti alla lunga fila di carri funebri già pronti a caricare le 65 salme (altre sette erano già partite nei giorni scorsi con il beneplacito dei familiari), bloccano il traffico e manifestano pacificamente. I crotonesi mostrano ancora una volta la loro empatia e si stringono attorno. C’è l’Arci pitagorica, i collettivi e i centri sociali di Cosenza, i membri delle associazioni di volontariato, la neonata Rete 26 febbraio. «Non ce ne andremo di qui fin quando non avremo la certezza che i corpi dei nostri cari potranno tornare a casa», urlano in piazza. Intervengono i legali dell’Arci, Francesca Pesce e Vincenzo Medici. Insieme al portavoce degli afghani Alidad Shiri si recano in Prefettura. «Il funzionario ci ha ribadito senza scalfirsi la posizione assunta, specificando che lo stato italiano non aveva i fondi per sostenere le spese per trasferire le salme in Afghanistan. Gli unici trasferimenti erano stati resi possibili dalla presa in carico dei paesi di destinazione» dice al manifesto l’avvocata Pesce.

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A QUEL PUNTO, davanti alla fermezza della Prefettura gli attivisti avvisano il parlamentare di Alleanza Verdi Sinistra Franco Mari che solleva il caso in aula durante la seduta alla Camera. Un’ora dopo, d’un tratto, la prefettura di Crotone cambia idea. Davanti al PalaMilone arriva un altro funzionario prefettizio. Smentisce ciò che il suo collega aveva comunicato appena quattro ore prima. Dietrofront. Era tutto uno scherzo. Fine delle trasmissioni e altra figuraccia del Viminale. Le uniche salme trasferite a Bologna, una decina, saranno quelle per le quali i familiari avevano prestato il consenso alla tumulazione nel cimitero felsineo.

IL TRASFERIMENTO degli stessi familiari da Crotone a Bologna avverrà a carico dell’Italia. Gli altri feretri in attesa del rimpatrio in Afghanistan resteranno a Crotone e anche in questo caso il trasferimento nel paese d’origine sarà a carico dell’Italia. La protesta ha dunque pagato. Ma la rabbia e lo sdegno comunque restano. E mentre ieri in Austria è stato arrestato il quarto presunto scafista su cui pendeva un mandato di cattura, a Crotone ci si organizza anche in vista dell’11 marzo, manifestazione nazionale «Per fermare le stragi». Il percorso è stato definito. Il fiume umano proveniente da tutta Italia si snoderà sul Lungomare di Steccato e marcerà verso la spiaggia. Una corona di fiori verrà lanciata in mare in ricordo di tutti i morti delle migrazioni. L’appello lanciato ieri in rete dai promotori (sindacati, Ong. reti antirazziste, Emergency, Anpi, Arci, il manifesto e altre 35 sigle) sta avendo un grande riscontro. Ci saranno migliaia di persone. Per non dimenticare. Perché non accada mai più.