Il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez ieri pomeriggio, nel plenum del Senato, ha annunciato l’aumento per quest’anno del salario minimo interprofessionale (Smi): sarà dell’8%, 80 euro, facendo salire perciò il livello dello Smi a 1.080 euro mensili per 14 mensilità, riconosciuto a partire dallo scorso mese di gennaio. Sánchez ha anche criticato le grandi imprese che godono di profitti in crescita ma non aumentano il salario dei loro dipendenti. Con questo incremento, l’ammontare del salario minimo rappresenta il 60% circa del salario medio del paese, in linea con quanto raccomandato dalla Carta Sociale Europea, come ha celebrato Yolanda Díaz, ministra del Lavoro e vicepresidente del governo, su twitter: «Grazie all’accordo con i sindacati rendiamo effettivo una dei grandi obiettivi della legislatura».

Soddisfazione di Unai Sordo e Pepe Álvarez, segretari generali rispettivamente di Ccoo e Ugt; l’accordo raggiunto con il governo è della massima importanza, sostengono, perché sarà di beneficio a 2 milioni e mezzo di lavoratori, la gran parte donne giovani tra i 16 e i 34 anni di età, con contratto a tempo determinato nei settori dell’agricoltura e del terziario, contribuendo quindi anche alla riduzione del divario salariale tra uomini e donne. Contrarietà invece da parte della Ceoe, la confederazione delle imprese, che considera troppo elevato l’aumento proposto e non si è neppure seduta al tavolo del negoziato.

La misura che verrà approvata nella prossima riunione del Consiglio dei ministri, compenserà l’aumento dei prezzi per i lavoratori con salari più bassi, che lo scorso anno è stato mediamente dell’8,4%. Proprio per contrastare gli effetti negativi dell’inflazione, anche le pensioni aumentano quest’anno dell’8,5% e lo stipendio dei dipendenti pubblici s’incrementa del 2,5% (più un punto in funzione degli obiettivi).

In Europa, altri paesi hanno già annunciato aumenti significativi del salario minimo: in Olanda crescerà del 10,1%, in Portogallo dell’8,7%, in Francia del 6,6%, in Germania del 15%. La Spagna è il secondo paese nella Ocse che ha più aumentato il salario minimo dal 2018. Assieme all’istituzione del minimo vitale e all’introduzione di un meccanismo di cassa integrazione per evitare i licenziamenti (Erte), lo Smi è stato uno strumento fondamentale nella strategia di “scudo sociale” voluta dal governo di coalizione progressista per combattere le conseguenze della crisi pandemica e della guerra in Ucraina. E oggi la Spagna, secondo il Fmi, guida la ripresa economica nei paesi della zona Euro.

In Spagna il salario minimo fu introdotto con legge del 1963 e dal 1977 un Real decreto del governo ne fissa la quantità annua. Con l’avvento del governo tra Psoe e Unidas Podemos, lo Smi si è incrementato anno dopo anno in maniera importante. Il 2019 fu l’anno in cui si ebbe un balzo nel suo ammontare passando da 735 a 900 euro mensili. La sua fissazione per legge obbliga tutti i settori produttivi ad applicarlo, per i sindacati lo Smi rappresenta una soglia minima salariale che ben si armonizza con la contrattazione sindacale, senza schiacciarla verso il basso. Nei settori ove la contrattazione è più debole, come quello dei multiservizi, l’incremento dello Smi si traduce piuttosto in un aumento del salario dei lavoratori di quel settore.