Filippo VI ha deciso: a doversi presentare per primo davanti alle camere spagnole è Alberto Núñez Feijóo, leader del Partito popolare. Che non ha nessuna chance di diventare il prossimo presidente del governo spagnolo.
Dopo aver chiuso le consultazioni con i partiti che hanno ottenuto più seggi alle ultime elezioni (Vox, Psoe e Pp), per la prima volta il capo di stato spagnolo si è trovato di fronte a una situazione inedita: la sua nomina stavolta non era la mera ratifica di un’aritmetica parlamentare.

La situazione uscita dalle urne il mese scorso, infatti, vede come prima forza parlamentare i popolari, con 137 seggi. Poi vengono i socialisti, 121 seggi. La terza forza è Vox (33 seggi), mentre Sumar, il partito di Yolanda Díaz, ne ha 31. Il quadro è indiavolato: per avere la maggioranza assoluta ci vogliono 176 voti, e nessuna delle due coalizioni raggiunge quella cifra. Psoe e Sumar arrivano a 152, mentre Vox e Pp ne sommano 170. Fino a ieri pomeriggio, tra l’altro, Feijóo non poteva contabilizzare neppure quelli di Vox, infuriati con gli alleati di destra perché la settimana scorsa non gli avevano ceduto neppure uno dei loro posti nel tavolo di presidenza della Camera, dove invece sono presenti socialisti (3 seggi), Sumar (2) e Pp (4). Ma all’ultimo momento, il leader neofascista Santiago Abascal, all’uscita dell’incontro con il monarca, ha chiarito che il leader del Pp poteva contare sul loro sostegno. Assieme a due voti di due piccole formazioni politiche, il leader di destra si fermerà a 172. Sánchez, invece, per ora può contare solo su 152 voti sicuri, anche se, oltre a essere il presidente del governo ad interim, può esibire l’ampio accordo parlamentare della settimana scorsa che ha garantito al suo partito la presidenza della camera, con Francina Armengol.

La prassi vorrebbe che il Borbone affidi l’incarico a chi ha più chance di formare il governo, che finora è sempre stato chi garantiva più appoggi parlamentari in partenza. Ma al monarca è anche chiaro che Feijóo non può ampliare il ventaglio. La cosa però è complicata anche per Sánchez: quattro delle 5 formazioni politiche su cui il Psoe e Sumar dovrebbero appoggiarsi per il voto, i due partiti catalani di Esquerra e Junts, e i baschi di Eh Bildu e i galiziani del Bng, da molto tempo non partecipano alle consultazioni con il re (per fede repubblicana), e quindi non hanno chiarito la posizione davanti al capo dello stato.
Il futuro presidente del governo può essere eletto o in prima votazione (con maggioranza assoluta) o in seconda, con un numero di sì maggiore del numero dei no. Ma questa seconda opzione non è sul tavolo: se Sánchez vuole tornare alla Moncloa ha bisogno del sì di tutti gli altri partiti.

Dal momento del primo voto, se Feijóo non viene eletto, scatta il conto alla rovescia: ci sono sessanta giorni perché un candidato ottenga la fiducia, altrimenti si va a nuove elezioni (dopo 50 giorni). Su questo sembra puntare Feijóo, che spera in una ripetizione elettorale che cambi gli equilibri in suo favore. Tutti i partiti su cui Sánchez dovrebbe contare, invece, temono l’arrivo dell’estrema destra al potere, che in linea di massima la maggioranza parlamentare vorrebbe evitare. Poi c’è il calendario: nessuno vuole votare il 24 o l’ultimo dell’anno. E inoltre la Spagna fino al 31 dicembre esercita la presidenza a rotazione della Ue. Quindi la prima sessione di investitura dovrà essere prima dell’8 settembre, o dopo il 20.

Ora tocca alla presidente della Camera fissare la data: probabilmente, a stretto giro per dare al leader del Pp poco tempo per approfittare delle luci della ribalta mediatica (anche se lui le ha già chiesto più tempo). Il che farebbe scattare il conto alla rovescia per Sánchez, che avrebbe solo 2 mesi per convincere i potenziali soci. I negoziati con le forze indipendentiste catalane e basche sono complessi: le richieste passano da un’amnistia generalizzata per i fatti del referendum dell’1 ottobre 2017 e altre concessioni politiche di peso che ampliano dotazioni economiche e politiche delle due regioni. Ma, come ha detto lo stesso Sánchez dopo l’incontro con il re: «Noi però abbiamo un grande vantaggio sul Pp: possiamo parlare con tutte le forze parlamentari, eccetto una. Loro possono parlare solo con quella forza».