Alessandro Porro è il presidente di Sos Mediterranée, la ong a cui fa capo la Ocean Viking. Sulla nave ci sono 234 persone, tra le quali 14 donne, quattro bambini sotto i quattro anni e in totale 55 minori dei quali 46 non sono accompagnati.

L’imbarcazione non è ancora entrata nelle acque territoriali italiane, ai confini delle quali continua a navigare. «E dove ancora non abbiamo ricevuto alcuna indicazione», spiega Porro.

Se vi dovesse arrivare l’ordine di entrare in porto solo per procedere allo sbarco delle persone fragili cosa fareste?

Questa è una domanda complicata. Le persone devono sbarcare tutte, però dobbiamo ridurre anche la pressione che abbiamo a bordo perché la situazione è tesa: ci sono persone che vogliono gettarsi in acqua, altre che sono spaventate e traumatizzate, non capiscono cosa sta succedendo. Siamo molto preoccupati dalla possibilità che ci arrivi questo tipo di comunicazione.

Cosa pensa di quanto sta succedendo a Catania?

Penso che sia in corso un laboratorio di violazione dei diritti umani, come prima cosa. Ma penso anche che l’Italia la pagherà cara in termini di conseguenze legali e condanne perché si stanno violando delle leggi.

Tutta questa attenzione esclusivamente verso le ong è strumentale. Io capisco che il governo voglia fare pressione sull’Europa, per certi versi posso condividere il fatto che il problema dell’immigrazione e del soccorso in mare siano questioni europee, però questo modo di affrontarlo creando una crisi e di fare politica sulla pelle delle persone è assolutamente inaccettabile e pericoloso.

Temete che possano bloccarvi la nave?

Dopo un eventuale sbarco in Italia, parziale o totale, non ne saremmo sorpresi. Quest’anno abbiamo già ricevuto due ispezioni da parte della Guardia costiera, a questo punto potrebbero fermarci con un pretesto qualsiasi: sta svanendo il collegamento tra la realtà dei fatti e quanto accade.

Pare che se non dovessero obbedire all’ordine di lasciare il porto, le navi potrebbero subìre una multa da 50 mila euro.

Al momento noi non abbiamo neanche la possibilità di entrare nel porto di Catania, quindi affronteremo questa situazione se e quando dovesse presentarsi. Se non sbaglio la nave che ha ricevuto un ordine di uscire non ha però ricevuto una scadenza.

In ogni caso ripartire con persone a bordo si configurerebbe quasi come un respingimento. Le norme internazionali dicono che il soccorso finisce quando tutte le persone sbarcano. Quella che stiamo vivendo è una situazione assolutamente imprevedibile e fuori dagli schemi legali.

Non a caso la Commissione Ue ha ribadito che i migranti vanno fatti sbarcare nel più breve tempo possibile.

Io vorrei ricordare che sono migranti nel momento in cui sbarcano, prima sono naufraghi che secondo le convenzioni internazionali devono poter sbarcare il più in fretta possibile e in un posto sicuro indipendentemente dalla loro provenienza, dalla loro nazionalità o dalla loro motivazione.

Quindi non mi sorprende la posizione della Commissione Ue, è la legge, è il senso comune, è quello che è sempre successo e non mi pare che le convezioni internazionali siano state cambiate. Non è una cortesia quella che viene fatta alle persone migranti o alle navi delle ong. Lo sbarco ci deve essere, punto e basta.

Com’è la situazione a bordo?

È assurda, artificiale. La nave è un posto sicuro ma temporaneo. Tutta l’attrezzatura si basa su quello che prevedono le norme internazionali, cioè che lo sbarco debba avvenire nel modo più veloce possibile e per tutti.

È una situazione che sta degradando, abbiamo ancora del cibo, ma non vogliamo neanche immaginare che si possa sbloccare perché emergono delle emergenze maggiori, degli incidenti, degli scontri o delle rivolte.

Vorrei aggiungere che aprendo il sito dello stesso ministero dell’Interno si vede che nell’ultima settimana in Italia sono arrivate circa 5.000 persone, mentre quelle soccorse dalle navi delle ong sono un migliaio e non rientrano in questa statistica. Quindi utilizzare il tono duro nei confronti di chi fa quello che dovrebbe fare lo Stato è immorale, è un gioco sporco.

Non credo che ci venga contestata la nostra attività di soccorso, a non piacere è la nostra attitudine a testimoniare, a raccontare quello che vediamo come le violazioni compiute dalla Guardia costiera libica. Silenziando i testimoni si azzoppa la democrazia.