La settimana prossima il presidente del governo en funciones (cioè ad interim fino alla nomina del prossimo governo), Pedro Sánchez, inizierà un primo rapido giro di consultazioni formali con popolari, Ciudadanos e Unidas Podemos, in questo ordine. Tutti sanno che nelle prossime settimane non verrà presa alcuna decisione: le elezioni del 26 maggio incombono, i partiti si giocano tutto il potere territoriale, in tutti i comuni spagnoli e in 12 delle 17 regioni, oltre alla rappresentazione europea. Ma qualche primo segnale bisogna pur darlo e Sánchez, più che aprire davvero i negoziati, vuole trasmettere l’immagine «presidenziale» e la centralità politica del Psoe. Con Pp e Ciudadanos Sánchez vuole riaprire un dialogo istituzionale dopo i veleni elettorali, e per Unidas Podemos il segnale è chiaro: state al vostro posto, qui comando io. E in effetti Pablo Iglesias non ha nascosto in questi giorni il proprio nervosismo: obiettivo dei viola è entrare nel governo per poter incidere sulle politiche, mentre per ora i socialisti puntano a un nuovo monocolore con un «accordo programmatico» con Unidas Podemos – almeno per il momento. Ma i viola non ci stanno, pur sapendo che non possono permettersi di affossare un governo socialista.

Per il momento Ciudadanos non è disposto ad alcun accordo con i socialisti (tra qualche tempo chissà: per questo Sánchez vuole le mani libere). Sono infatti troppo impegnati a fare la guerra al loro principale competitore politico: un indebolito Partito Popular, dal quale lo separano solo poche decine di migliaia di voti. A sua volta il Pp, dopo l’enorme batosta elettorale, ha cambiato radicalmente strategia, cercando di differenziarsi dalla destra estrema di Vox, che Pablo Casado ha chiamato «ultradestra» per la prima volta. Ha persino attaccato il suo segretario, ricordando come visse di sovvenzioni pubbliche (fu il dirigente di un ente inventato dall’allora presidente della Comunità di Madrid, Esperanza Aguirre… una delle principali supporter dello stesso Casado nel Pp). Infine è un’incognita quello che vorrà fare il partito ormai egemonico dell’indipendentismo catalano, Esquerra Republicana, che non può permettersi un governo di destra ma vuole vendere cara l’astensione.