In Cile si fa sul serio. La campagna per fare approvare la nuova costituzione tramite il Plebiscito che si terrà il 4 settembre è entrata nella sua fase finale. La posta in gioco è alta. Da questa scelta si definirà la sorte del processo costituente nato con l’estallido social del 2019, in cui si è identificata la gran parte della popolazione, e il futuro della società.

I 155 “Convencionales constituyentes” eletti il 4 luglio 2021, sono riusciti nell’impresa di stilare una costituzione popolare in appena un anno di lavoro. Assessorati da esperti e da universitari, e in parte controllati dalla cittadinanza attiva tramite un articolato processo consultivo e propositivo che li ha obbligati ad accogliere moltissime proposte civiche e a rendere conto pubblicamente e continuamente del loro operato, sono riusciti a disegnare un inedito «Stato sociale e democratico di diritto» (art.1). Un nuovo e complesso ordinamento giuridico (170 pagine, 388 articoli, 11 capitoli) che rientra nella tradizione costituzionale latinoamericana.
«È stato un processo partecipativo senza precedenti», dice Gonzalo Delamaza, sociologo dell’Università de los Lagos, che ha affiancato i costituenti in un percorso democratico a cui hanno partecipato tra 1 milione e mezzo e 2 milioni di cileni, su un totale di 18 milioni.

Ma è l’impianto complessivo del nuovo ordinamento a rendere “storica” la proposta costituzionale. «Se si dovesse approvare questa costituzione diventerà un referente mondiale in materia di diritti umani, perché ci sono dei miglioramenti sostantivi a livello dei diritti civili, politici e sociali, come, ad esempio, nel diritto al lavoro», nota Rodrigro Bustos di Amnesty International Chile. Oltre a mettere al bando la precarietà e ad affermare precisi limiti al modo in cui si fa impresa, infatti, nel nuovo ordinamento rientrano il diritto di sciopero, il diritto alla cogestione delle imprese tra proprietari e lavoratori (seguendo il modello socialdemocratico tedesco), e si sancisce chiaramente «la funzione sociale del lavoro» (art. 46), messa al bando dall’ideologia neoliberista.

L’impianto giuridico, non a caso, è profondamente influenzato dalla prospettiva dei movimenti sociali, che sono riusciti a fare entrare nella Convenzione costituzionale molti attivisti, tanto da plasmare il corso del dibattito interno e a sancire i loro principi e le loro richieste storiche.

È il caso dell’importante movimento femminista nato nel 2018, come afferma esplicitamente Barbara Miel Lagos del movimento 8M, in un incontro pubblico presso l’Università di Santiago: «Le nostre richieste hanno forgiato questa nuova costituzione: per la prima volta nella storia siamo in presenza di una costituzione totalmente femminista». Il che si traduce, per esempio, nel riconoscimento del lavoro di cura, del lavoro domestico, del diritto all’aborto, nell’abolizione della disparità salariale e nell’elaborazione di una serie di articoli contro la violenza di genere e per affermare la parità tra i generi, garantendo una più alta presenza femminile nelle istituzioni pubbliche e private (art. 6).

Lo stesso avviene sul terreno ecologista. Per la prima volta nella storia s’impone in una costituzione che le imprese e la produzione rispettino gli ecosistemi naturali, la logica del bene comune, e non facciano profitto a discapito della natura (art. 127/8/9). Come nelle costituzioni di Ecuador e Bolivia, vengono sanciti i «beni comuni naturali» e i «diritti della natura». Si crea la “Defensoria de la Naturaleza”, un’istituzione che potrà sanzionare lo Stato e le entità private che non li rispetteranno (art. 148/9 e 150). L’acqua, per esempio, non potrà più essere privatizzata, in quanto bene comune.

Quello che si sta creando, anche sul piano dell’educazione, della sanità e del sistema pensionistico, è la creazione di un nuovo tipo di Stato sociale, chiaramente post-neoliberista, come confessa indirettamente l’attuale ministro dell’Economia Nico Grau: «A partire dall’Estallido ha preso sempre più forza la richiesta di un nuovo contratto sociale per il Cile, dove siano riconosciuti i diritti sociali e la salvaguardia dell’ambiente. La necessità di operare trasformazioni strutturali è stata chiara sin dal primo minuto della protesta del 2019, e la presidenza di Boric è in sintonia con questo processo. Se passa questa costituzione sarà più facile realizzare la trasformazione che propone questo governo».

È soprattutto su un’altra proposta di trasformazione della società che si sta focalizzando, però, la campagna del Plebiscito. La nuova costituzione, infatti, prevede la creazione di uno Stato plurinazionale, espressione del pluralismo giuridico e di una regionalizzazione radicale dello Stato cileno, storicamente unitario e centralista. Il nuovo testo sancisce un’autonomia territoriale e il recupero delle terre ancestrali, per risarcire i popoli originari esclusi dalla gestione dello Stato, marginalizzati a livello sociale ed economico, e repressi a livello culturale.

Ma il “rechazo” fa leva sulle paure dei cileni, e prima di tutto sul timore di una frammentazione dello Stato. La campagna mediatica del “rifiuto” sostiene che lo Stato plurinazionale privilegia il 12% della popolazione (i popoli originari).
A questo proposito Oscar Guillermo Garretón, che partecipò al governo Allende ed è stato prigioniero politico prima, e poi esiliato, oggi è parte del movimento de “los amarillos” (66 mila iscritti), che difendono l’idea di una nuova costituzione ma rifiutano il risultato politico del processo costituente. «Si è prodotto un grande malinteso nella società cilena, che era a favore di una nuova costituzione. Hanno voluto creare un modello radicale, radicalmente distante dalla sensibilità della maggioranza dei cileni. Il tema della plurinazionalità ha generato il maggior rifiuto», afferma.

Tutti i sondaggi ufficiali sembrano dare ragione a Garretón: sanciscono una distanza di almeno 9 punti percentuali tra l’Apruebo e il Rechazo e mostrano una società divisa in due. La destra, tutta schierata con il “no”, usa tutti gli strumenti che ha a disposizione, soprattutto illeciti, come le fake news e la diffusione di versioni false della nuova carta costituzionale, per dare un colpo mortale al processo costituente. Ha speso milioni di pesos, al contrario dei movimenti sociali, i cui attivisti credono che i sondaggi siano il frutto della classica manipolazione mediatica dei proprietari dei maggiori media del Paese. Il governo Boric, schierato per l’Apruebo, non ha la possibilità di incidere come vorrebbe, perché la “Controlaria general de la Republica”, ente di vigilanza giuridica della pubblica amministrazione, ha impedito a quasi tutti gli enti pubblici, dai ministeri alle regioni, ai comuni, di informare la popolazione sulla nuova costituzione, fatta eccezione per un paio di ministeri.

Per questo la campagna per l’Apruebo è quasi interamente portata avanti, dal basso, dai partiti di sinistra al governo, dagli stessi movimenti sociali, e dai “convencionales” che l’hanno scritta. Una corsa contro il tempo e contro il muro di gomma mediatico. Un movimento che produce murales, manifesti, incontri pubblici, concerti, volantinaggi, diffusione della costituzione porta a porta, campagne web, e tante altre micro iniziative diffuse che stanno cercando di fare l’impossibile. Far vincere Davide contro Golia. L’unica speranza per chi sostiene l’Apruebo è che la fionda dei movimenti sociali riesca a colpire ancora una volta la testa di Golia, e soprattutto il cuore degli indecisi.