Sono passati 100 giorni dal rapimento nel villaggio di Chakama in Kenya della volontaria Silvia Costanza Romano. Tre lunghissimi mesi in cui dopo un blitz iniziale di notizie («Presto libereremo Silvia Romano: attendiamo buone notizie nelle prossime 48-72 ore», aveva dichiarato subito dopo il rapimento Noah Mwivanda, comandante della polizia costiera in Kenya), le informazioni sono state sempre più rade e perlopiù poco fondate.

La prima ipotesi di un rapimento a scopo di rapina di una banda di balordi, poi l’idea di un sequestro da parte di miliziani di Al Shabaab, ricerca «massiccia» interforze, arresti anche di massa a cui hanno fatto seguito altrettanti rilasci. La richiesta del silenzio delle autorità italiane, il riserbo per non intralciare le indagini, giusto, eppure i giorni passano in quella parte di Africa che non ha paesaggio, dove la geografia è aspra, pre-umana, un mondo di dimensioni dimenticate, la foresta di Boni che unisce il Kenya alla Somalia: pochi villaggi, pastori wardei che vagano alla ricerca di terre da strappare ai contadini pokomo.

Non ci sono notizie. Non si sa chi l’abbia rapita e perché, se c’è una trattativa, una richiesta di riscatto, chi è la controparte, se sia ancora in Kenya. Anziani della comunità wardei avevano spiegato ai media keniani che la gente era disposta ad aiutare nelle ricerche, ma la polizia «deve smetterla di maltrattarci: se vuoi che un cane si prenda cura di te devi dargli da mangiare. Se vuoi mungere una mucca devi darle l’erba, se la affliggi non otterrai i risultati che desideri».

Nel contempo la polizia aveva arrestato tre persone nell’ambito delle indagini sull’attacco terroristico al centro commerciale di Riverside a Nairobi dello scorso 15 gennaio che aveva ucciso 21 persone. Quei tre potevano essere coinvolte nel rapimento di Silvia Romano. Notizie che non stanno strettamente insieme: se il rapimento aveva una matrice economica si sarebbe dovuto concludere in tempi brevi, chi vuole i soldi non ha interesse a detenere un ostaggio.

Ma forse c’è qualcosa di più, una richiesta non di tipo economico. Potrebbe essere in atto una trattativa segreta tra il governo italiano e gli Shabaab per liberare Silvia Romano: la pista è legata alla ricostruzione che gli italiani stanno facendo di Mogadiscio che per gli Shaabab è una nuova forma di colonialismo. Silvia potrebbe essere liberata solo se gli italiani lasceranno la città. Solo ipotesi, tentativi di cercare risposte mentre muri di dolore stringono da ogni lato. Spingi, ma mentre i muri sono di cemento e acciaio, tu sei solo carne e miserabili ossa.