«Siamo la fanteria, per noi una zona è conquistata solo quando calpestiamo la sua terra con gli anfibi» dice il comandante Andriy battendo il piede sonoramente. Seduto su una panca in un raro momento di pausa, con il giubbotto antiproiettili appeso a un’impalcatura alle sue spalle e il fedele e panciuto Yura accanto, il capo di una delle brigate di fanteria meccanizzata fa il punto sulla situazione lungo il fronte sud dell’Ucraina.

Racconta che negli ultimi tre mesi sono arrivati moltissimi rinforzi, soprattutto volontari freschi di arruolamento. «All’inizio avevano solo il patriottismo – spiega -, io gli ho insegnato a sparare, a marciare… a essere dei soldati, insomma». Durante quel periodo Andriy e i suoi uomini erano di stanza nella zona Kiev, a 5 km da Irpin, dopo la ritirata russa sono stati dislocati nei pressi di Mykolayiv e da metà aprile presidiano, insieme ad altri reparti, la penisola a sud del capoluogo regionale. Un susseguirsi di villaggi che dalle periferie meridionali di Mykolayiv si sviluppano in aperta campagna fino alla punta di Stanislav. Lungo la costa, Lymany e Lupareve sono in mano ucraina, a Oleksandrivka si combatte duramente e da quest’ultima in poi, come per tutto ciò che è a est del vecchio confine regionale tra gli oblast di Mykolayiv e Kherson ci sono solo i russi.

NEL CORSO DEI MESI abbiamo più volte documentato una situazione essenzialmente simile a quella attuale. Lungo l’autostrada M-14 che da Mykolayiv scende verso Kherson, gli ucraini tengono stabilmente solo Shevchenkove, Luch e Posad-Pokrovsk; a Kyselivka ci sono i soldati di Mosca. «Il governatore Kim aveva detto che era stata conquistata, invece poi si è corretto, cos’è successo?» chiedo ad Andriy. «I politici fanno il loro lavoro, usano tante parole, mentre per riconquistare un villaggio devi avere i tuoi uomini all’interno e nessun nemico in grado di spararti nella casa accanto».

Perché parla di case? «Perché è capitato più volte che i soldati russi quando siamo arrivati in qualche villaggio si sono tolti l’uniforme per nascondersi nelle case vestiti da civili; ci sono stati molti incidenti anche dopo essere riusciti a sfondare le loro difese». Di conseguenza la fanteria qui è costretta a ispezionare casa per casa, a controllare i garage e le cantine.

Quindi Posada a est e Lupareve a sud, gli stessi punti di due mesi fa. Per completezza bisogna segnalare che qualche successo tra Mykolayiv e Kryvyj Rih gli ucraini sono riusciti a ottenerlo avvicinandosi alle sponde del fiume Dnipro. Tuttavia, sebbene si legga nella strategia di Kiev il tentativo di accerchiare Kherson, una tattica simile a quella tentata dai russi in Donbass, l’avanzata procede molto a rilento. Anzi, lungo il fronte sud le operazioni militari assomigliano molto poco a una controffensiva in quanto non c’è stata una vera rottura rispetto ai mesi scorsi.

A INTERROMPERE la ricostruzione di Andriy arrivano due soldati trafelati in un pickup. Raccontano che uno sminatore è saltato in aria su una mina, ha perso entrambe le gambe. Sul vano del pickup c’è ancora il sangue dell’uomo trasportato chissà dove. Il comandante scuote il capo, triste. Racconta anche di un manipolo di volontari saltati in aria mentre effettuavano una ronda in macchina, un drone li ha scovati e sono stati centrati da un mortaio. Due sono morti e altri tre sono feriti in modo grave. Andriy fa una telefonata, si sforza di sembrare adirato ma non ci riesce, è un uomo troppo pacato, di quelli che danno l’impressione di non aver mai alzato la voce in vita loro. Ad ogni modo, rimprovera i soldati di non essere stati attenti, «dovete ricordarvi sempre che il nemico vi osserva e può attaccarvi da un momento all’altro», dice. Dopo aver attaccato ci spiega che i «ragazzi» non potevano farci niente, sono stati sfortunati.

«IL VERO PROBLEMA QUI è la mancanza di armi – continua -, cosa ce ne facciamo noi degli Himars, degli M777 o di tutti quei cannoni a lungo raggio? A noi servono carri armati, Bmp, mitragliatrici pesanti, la guerra la combattiamo uomo contro uomo, non dalla distanza». Ma tutti quegli attacchi ai depositi, i bombardamenti in Crimea? «Sono altri reparti, altre postazioni, qui è solo grazie agli uomini che si avanza». Andriy indica Yura, che per tutto il tempo non ha detto una parola e ora sorride un po’ imbarazzato.

Arrivano altri due soldati, distrutti, uno sembra appena uscito dalla scuola, ha la faccia piena di brufoli e le guance rosse per lo sforzo. Non dice nulla e si sdraia su un’altra panca senza togliersi neanche l’elmetto.