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Sgambetto repubblicano all’«emergenza» di Trump

Sgambetto repubblicano all’«emergenza» di TrumpIl presidente Usa Trump – LaPresse

Stati uniti Quattro senatori del Gop decidono di appoggiare la mozione dei democratici: il Senato blocca la dichiarazione del presidente e lo costringe a porre il primo veto del suo mandato

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 marzo 2019

Mitch McConnell, leader della maggioranza repubblicana al Senato, ha ammesso a denti stretti che anche il Senato voterà per bloccare la dichiarazione di stato di emergenza voluta da Trump per avere abbastanza fondi per il muro tra Stati uniti e Messico: quattro senatori del Gop appoggeranno la mozione democratica.

Il voto per il blocco della manovra di emergenza era passato con facilità alla Camera, dove i democratici hanno la maggioranza, ma al Senato non era scontato visto che è in mano al partito di Trump.

Ma con il voto del senatore del Kentucky, Rand Paul, tradizionalmente vicino a Trump, che si somma a quello di altri tre repubblicani (Susan Collins del Maine, Lisa Murkowski dell’Alaska e Thom Tillis della Carolina del Nord) i democratici hanno raggiunto i 51 voti necessari, costringendo Trump a mettere il primo veto della sua presidenza.

Fino a gennaio il Congresso era tutto a maggioranza repubblicana e finora i membri del Gop hanno fatto squadra con il presidente. Ora per la prima volta sarà isolato. «Semplicemente si invia il messaggio che il Congresso sta difendendole sue prerogative istituzionali e rispettando il quadro della separazione dei poteri, accuratamente elaborato dagli artefici della Costituzione», ha dichiarato la senatrice Collins al New York Times.

Dopo aver ricevuto il veto, la mozione tornerà al Congresso dove, per passare, avrà bisogno di una maggioranza di due terzi tanto alla Camera quanto al Senato. McConnell, per limitare il danno, ha affermato di voler presentare alcuni emendamenti alla mozione dei democratici, procedura del tutto inedita, così da dare al Gop il tempo per trovare una linea comune che al momento non c’è. In questo sta il fallimento di Trump: non riuscire a compattare il proprio partito su di un tema tanto squisitamente conservatore come l’immigrazione.

Se per qualche ragione lo stato di emergenza non dovesse essere bloccato dal Congresso, è possibile che lo faccia un tribunale: già 16 Stati hanno presentato ricorso contro lo stato di emergenza, perché il presidente non avrebbe il potere di disporre di fondi che richiedono l’approvazione del Congresso. Probabile che la vicenda finisca alla Corte Suprema.

Se così dovesse essere potrebbe esserci una sconfitta ancora più bruciante per Donald: stando a quando dichiarato da Paul, anche i due giudici super conservatori nominati da Trump, Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh, non vedono bene la mossa dello stato di emergenza. E anche loro, per preservare il principio della separazione dei poteri, sarebbero disposti a votare contro Trump.

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