Se c’è un laboratorio della protesta sociale in Europa ai tempi del coronavirus questo è quello russo. Giusto a una settimana dalla rivolta dei cittadini di Vladikavkaz in Ossezia settentrionale, ieri sono stati gli operai della Yakuzia a scendere in campo per rivendicare protezione sanitaria e migliori condizioni di vita.

Nella zona dei giacimenti di Chayandinskoye che rappresentano le risorse base di Gazprom per il gasdotto Forza della Siberia, informa il portale Yakutia.info, «i lavoratori a turni hanno organizzato scioperi e proteste». A incrociare le braccia sono circa 10.500 operai e tecnici sparsi in 34 villaggi, la forza-lavoro dei settori strategici delle materie prime che sono la spina dorsale per garantire le indispensabili esportazioni per l’economia russa.

In un video divenuto virale in poche ore si possono vedere più di un migliaio di lavoratori tenere un’assemblea di protesta davanti agli uffici della Gazprom. «Dov’è la quarantena! Dove sono le maschere? Dove sono i guanti? Non c’è niente! Ci portiamo a casa ogni giorno l’infezione», urla una folla disperata.

Gazprom è una di quelle aziende russe che ha avuto il salvacondotto per continuare a produrre anche dopo il lockdown deciso da Putin il 26 marzo, contando sul fatto che gli alti salari degli operai in questo settore potessero essere un deterrente alle proteste. Tuttavia negli ultimi giorni si sono contati oltre 100 casi di infezione tra i lavoratori, in una zona dove non ci sono ospedali che possano curare i malati.

Per questo l’assemblea ha anche richiesto a gran voce che «vengano approntati ospedali mobili vicino alle case e ai dormitori dei lavoratori», informa Lenta.ru. Ma la tensione è anche il prodotto di un costante peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita. Nel già citato video i lavoratori rivendicano vitto migliore nelle mense: «Ci date delle poltiglie come ai maiali», si sente dire dai lavoratori arrabbiati.

Le autorità e l’azienda si difendono affermando che «nei villaggi si è sviluppata una situazione di tensione, poiché un certo numero di brigate che hanno completato il loro lavoro non possono andarsene, la divisione in infetti e sani non è ancora completa e si rischia di allargare fuori dalla zona il contagio».

Gazprom promette che già dal primo maggio i giacimenti della zona verranno chiusi fino alla fine della quarantena, anche se la grande holding statale si rifiuta di fornire notizie sulla situazione negli altri giacimenti dove si continua a lavorare.

I focolai di rivolta nel paese potrebbero essere molti se è vero che la polizia e l’Fsb di Novosibirsk hanno deciso di tenere nei prossimi giorni delle esercitazioni in caso di possibili dimostrazioni di piazza.

E ieri Vladimir Putin è tornato a parlare ai russi in tv. Ha affermato, come era previsto, che la quarantena proseguirà in tutto il paese fino al 12 maggio; dovrebbe poi seguire una fase lenta di ripresa delle attività. Gli infettati in Russia sono ormai 100mila ma sembra che il sistema sanitario moscovita (dove si stanno avendo circa il 50% dei casi totali) stia reggendo visto che la mortalità si aggirerebbe, secondo i dati ufficiali, intorno al 1%.

Ciò che ora teme il Cremlino è che la situazione sociale possa esplodere. Di fronte al grande malcontento del piccolo business il governo russo balbetta, non essendo stato in grado di fornire la prima tranche di aiuti economici e facilitazioni fiscali promesse ormai un mese fa.

Putin a telecamere accese ha preferito glissare sulla questione, sperando che una rapida ripresa impedisca la chiusura definitiva di molte piccole realtà.