Come sempre, Seydou mi chiama per gli auguri di buone feste. Di solito è per Capodanno, quest’anno ha anticipato al giorno di Natale. Voleva dirmi qualcos’altro. Inizia tra il serio e il faceto: «Voi italiani siete incorreggibili, dovunque voi siate!». All’inizio pensavo che fosse un modo come un altro per rompere il ghiaccio nella conversazione. Non era così.

Ha fatto subito riferimento al comunicato ufficiale del Ministero degli Affari esteri del Burkina Faso, del 23 dicembre, con il quale viene dichiarata persona non grata Barbara Manzi, coordinatrice del sistema Nazione unite nel paese saheliano. Italiana, con una esperienza consolidata nel circuito delle agenzie dell’Onu con la quale ha lavorato, tra gli altri, in Angola, Repubblica Centrafricana, Etiopia, Haiti, Iraq, Ucraina.

L’ESPULSIONE, comunque insolita, arriva solo pochi giorni dopo quella di due francesi che lavoravano per una compagnia locale, sospettati dalle autorità di essere spie. Le motivazioni arrivano direttamente dalla ministra degli Esteri, Olivia Roumba, che in un’intervista alla tv Rtb accusa Barbara Manzi di aver rappresentato il Burkina Faso come un paese nel caos e con pessime prospettive, di aver, inoltre, invitato il personale delle agenzie Onu a lasciare il Paese per ragioni di sicurezza. Il tutto senza informare preventivamente il governo burkinabé e nemmeno il Segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres.

LA MINISTRA SI È SPINTA OLTRE: «…Durante un’udienza con il ministro delegato, Manzi ha affermato di avere legami con leader terroristi in Burkina Faso. Le prove ci sono, lei va a Djibo e torna quando vuole, mentre anche le nostre Forze di sicurezza (Fds) non possono fare questo tipo di viaggi». Djibo, in effetti, è uno dei punti caldi della lotta al terrorismo jihadista, dove gli attacchi ai militari burkinabé sono continui e violenti.

Nonostante la difesa immediata del portavoce di Guterres, Stephane Dujarric che, con una nota ufficiale, nega l’applicabilità della dottrina della persona non grata alle Nazioni unite e conferma la «piena fiducia all’impegno e alla professionalità» di Barbara Manzi da parte del segretario generale, l’Onu a Ouagadougou ha già un nuovo coordinatore ad interim. L’incidente diplomatico è chiuso, con la conferma della prosecuzione delle attività Onu in Burkina Faso.

I problemi con i partner internazionali, comunque, non si fermano qui. In questo inizio d’anno 2023, infatti, sembrano prendere corpo le indiscrezioni che, da qualche settimana, vogliono le autorità burkinabé in pressing sul governo francese per richiamare l’ambasciatore accreditato, Luc Halland. È l’Agenzia d’Informazione del Burkina (Aib), infatti, che il 3 gennaio, citando una fonte d’area governativa, in una nota parla di «crisi di fiducia, anche se non è la fine delle relazioni diplomatiche: noi chiediamo solamente di cambiare l’interlocutore» .

ANCORA FRIZIONI con la Francia, dunque. Dopo che, solo qualche giorno fa, il governo burkinabé ha rischiato una crisi diplomatica con il vicino Ghana per le dichiarazioni del presidente Nana Akufo-Addo, durante un’intervista a latere del summit Stati Uniti-Africa, a Washington, nella quale ha sottolineato come il gruppo Wagner, i mercenari legati al Cremlino, siano già in Burkina Faso. Il governo di Ouagadougou ha subito smentito in maniera decisa questa tesi, ha convocato l’ambasciatore del Ghana e richiamato per consultazioni urgenti il proprio ambasciatore dal Ghana.

IL “DOSSIER WAGNER” d’altro canto è fortemente attenzionato dalla diplomazia francese. Dal colpo di Stato che ha portato al potere il comandante Ibrahim Traorè, alla fine dello scorso mese di settembre – il secondo in otto mesi -, si sono succedute manifestazioni di piazza anti-francesi con la presenza di bandiere russe e richieste inneggianti alla presenza russa nella lotta contro il terrorismo jihadista. Anche la recente missione del primo ministro burkinabé Apollinaire Kyelem a Mosca, allo scopo di «diversificare i rapporti di partenariato fino a trovare la formula giusta per gli interessi del Burkina Faso», non ha di certo favorito la distensione con Parigi.

Questa volta Seydou, attento conoscitore di cose burkinabé, non ha inquadrato l’obiettivo dalla visuale principale. Non sono gli italiani incorreggibili, soprattutto in questi partenariati complessi e a queste latitudini africane.

* direttore di Tamat