«Si vis pacem para bellum» scriveva nel IV secolo d.C. l’aristocratico Publius Flavius Vegezius Renatus. Funzionò? Nel suo personalissimo caso, sì: su come preparare la guerra per avere la pace infatti, quel bravo pacifista di Vegezio Renato scrisse un bel trattato che garbò talmente tanto al suo Imperatore, che lui fu esonerato dal servizio militare e visse sempre in santa pace. Ma se l’esperienza auto-pacifista di Vegezius andò più che bene, non sempre la sua lezione ha poi dato buoni frutti: nonostante infatti le fantasmagoriche spese militari, le martellanti propagande belliciste, l’accumulo di armi letali, le minacce, i sabotaggi e il terrorismo messi preventivamente in campo dalle Nazioni nel corso dei secoli, stranamente la guerra non s’è ancora estinta. Ma per fortunata oggi abbiamo la bomba atomica e con lei la deterrenza nucleare che il motto di Vegezio incarna alla perfezione. Mai come oggi allora, con la bellezza di 12.820 testate pronte a polverizzare il pianeta Terra 5/600 volte, dovremmo dormire tra due guanciali, giusto? E invece no. Sapete perché? perché anche i bravi guerrafondai che agiscono a fin di bene, a volte commettono errori. Madornale, nella fattispecie, quello commesso da Bill Clinton -che nonostante il motto nazionale Usa sia «e pluribus unum», lui è in latino un ciuccione matricolato- quando costrinse l’Ucraina, che nel 1994 teneva circa 1.900 testate nucleari, a sottoscrivere il «Memorandum di Budapest» con cui ha ceduto l’intero arsenale atomico ex-CCCP… proprio alla Russia; e come non bastasse l’allora presidente Clinton si sobbarcò pure tutte le spese del trasferimento delle atomiche da Kiev a Mosca, senza capire che così facendo stava letteralmente rigirando il buon «si vis pacem para bellum» nel suo criminogeno opposto: «si vis bellum para pacem». Ebbene, le conseguenze sono ora in Ucraina sotto gli occhi di tutti.

Ma per la pace c’è forse ancora uno spiraglio, a rilanciare il vecchio detto latino infatti ci sta riprovando proprio Vladymir Putin che se l’è l’ha fatto tradurre in cirillico dal suo nuovo comandante unico Sergey Surovikin, lo scrupoloso generale latinista che la formula di Vegezio aveva già applicato con successo prima in Cecenia poi in Siria dove, gli va riconosciuto, la «pax romana» è cosa fatta. E adesso con la «lectio magistralis» che sta impartendo ai civili delle maggiori città d’Ucraina, Surovikin punta a una pace anche più duratura. Diciamo eterna.