Con l’elezione di Jair Bolsonaro a presidente del Brasile, domenica è stato sancito, ancora una volta in una competizione democratica, il fatto che la speranza di cambiamento che molti di noi auspicano non è sostenuta dalla maggioranza della popolazione, o almeno dalla maggioranza di coloro che esercitano il diritto di voto. Per chi auspica una transizione verde, in cui finalmente si affronti con decisione il problema del cambiamento climatico, in cui un commercio più giusto e più equo possa finalmente essere a beneficio di tutti e non solo di chi detiene potere e risorse, è stata indubbiamente l’ennesima brutta botta.

Un colpo che però apre una riflessione che deve interessare tutti coloro che si impegnano, ciascuno sui propri territori, per essere attori e promotori di un mondo diverso. Come cittadini attivi non possiamo fare a meno di metterci in discussione. Perché se i Trump, i Bolsonaro, gli Orban e i loro emuli sparsi a ogni latitudine (non ultimo a casa nostra) e in ogni continente riescono a intercettare il voto e la sensibilità delle maggioranze (non certo solo delle élite ricche e istruite, anzi), qualche domanda è necessario porsela.

Oggi sembra che coloro che propongono un modello di società e di mondo che intende la natura solo come una risorsa da sfruttare economicamente, che esclude e marginalizza i poveri, che calpesta i diritti delle minoranze, rifiuta lo straniero e il diverso, appaiano paradossalmente vicini al popolo, emergano come i suoi paladini e rappresentanti ideali. Perché questo? Che cosa c’è che non va nella narrazione «verde»? I movimenti sociali che lavorano per proporre un modello radicalmente alternativo devono necessariamente mettersi in discussione. Dove è finito il nostro potere attrattivo e comunicativo? Il movimento Slow Food si occupa da decenni di promuovere un sistema alimentare che tuteli la produzione di piccola scala, che limiti lo strapotere delle multinazionali per ridistribuire il potere lungo la filiera, che valorizzi produzioni sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale. Perché non riusciamo a incidere profondamente in questo momento storico? La discussione è aperta, quel che è certo è che nonostante le difficoltà e le battute di arresto è nostro dovere di cittadini responsabili continuare a provare a raggiungere quella massa critica che possa invertire la tendenza. Perché non tutto è perduto, perché la sensibilità ambientale sta crescendo, perché un futuro giusto per tutti è ancora possibile.