La scuola riparte immaginando mondi nuovi di rodariana memoria? No. Oltre le sgangherate porte di 350 mila classi sovraffollate che nessuno ha riparato neppure quest’anno, con una spesa per l’istruzione di nuovo in calo (4,1% del PIL) ma con il costo dei libri alle stelle, gli oltre 7 mln di studenti, con il carico di disagio post Covid, e i loro docenti (di cui una/o su 4 precario/a) potranno «contare» su più esercito, con buona pace per Don Milani e l’antiautoritarismo.

Una «collaborazione» che viene da lontano cui si affianca anche il «decreto Caivano» a portare più disciplina in una «guerra» inefficace contro le derive violente dei ragazzi (maschile plurale). In nome di una legalità che confonde criminalità e autogestioni, che trasforma in nemico ciò che è nuovo (fuori norma), non si prende, invece, atto del vecchio: violenza di genere, di classe, di potere.

Così, mentre nelle scuole entrano i cani antidroga e escono i ragazzi (11,7% l’abbandono), il “merito” di dare un futuro (all’Italia) cade ancora una volta sulle competenze di docenti e studenti.

È l’impianto ideologico che riduce questi ultimi a clienti-forza-lavoro, in quei PCTO che provocano più sangue che contratti, svolti ormai anche nelle basi militari e NATO perché «Le armi…sono la via per la pace» (Soltenberg). S

empre più spesso, infatti, è l’esercito a fare formazione alla legalità, la polizia postale quella sui social, alla Leonardo Spa, paghiamo gite o esperienze Onu. È la militarizzazione della conoscenza; e ci ricorda che oltre il canone neoliberale e eteronormato non si passa. S

tenta a farsi sistema, invece, un approccio radicale di genere e di classe, a giudicare dall’opposizione alle carriere Alias (non un’evocazione eugenetica ma una griglia teorica che smonta il binarismo con l’educazione alle differenze).

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Un’educazione transfemminista

Così, mentre la cronaca continua a sbatterci in faccia il perché la scuola dovrebbe essere laboratorio di pace, proliferano i dipartimenti sull’ordine e la legalità a costruire un immaginario della sopraffazione, tanto la violenza è interiorizzata nella nostra società come i femminismi denunciano da anni.

Isole di resistenza esistono, pratiche che si sono intensificate in questi anni pandemici anche, ma molte ancora hanno bisogno di incarnarsi ed esprimersi collettivamente sulla scuola che vogliamo. Se è la politica a ristrutturare la formazione, stiamo certe/i che queste destre vi inoculano un’idea precisa di società. Ma non è davvero di una scuola-caserma che abbiamo bisogno, quanto di spazi aperti alle relazioni, alle responsabilità, alla cittadinanza.

E’ la realtà reale, non quella virtuale, che dovrebbe preoccuparci, ecco perché la scuola, lo ripeteremo allo sfinimento, è politica oppure non è.

Ps per i detrattori di Barbie: abbiamo scampato gli zaini della Folgore, per adesso. Lo zainetto rosapacenelmondo, invece, resiste.