«Sembra che stiate invocando una guerra, sembra che non aspettiate altro, come se il vostro desiderio fosse quello di vedere le vostre accuse avverate». Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite l’ambasciatore Vassily Nebenzia ha esposto il meccanismo teorico che secondo i russi regola da oltre un mese le tensioni con Washington, e mette a rischio la sicurezza in Europa orientale.

«NOI ESCLUDIAMO ogni possibilità di aggredire l’Ucraina», ha detto Nebenzia nel suo intervento, prima di definire «provocatori» i rapporti diffusi dagli Stati uniti su un’invasione «imminente e su vasta scala», rapporti che per la verità sono stati smentiti sino a questo punto non solo dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha accusato l’Occidente di «creare il panico», ma soprattutto dai fatti.

Il vertice lo hanno convocato i diplomatici americani nella speranza di una «risposta univoca» alle azioni della Russia: «Rifiutiamo l’uso della forza e proponiamo una de-escalation militare», ha detto il capo della Casa bianca, Joe Biden, nel suo messaggio alla vigilia dell’incontro.

I russi hanno cercato di bloccare la riunione assieme alla Cina attraverso il voto procedurale, ma l’Assemblea ha bocciato il tentativo. Quindi hanno proposto una nuova seduta, il 17 di febbraio, nell’anniversario degli accordi di Minsk sullo status del Donbass. Il dibattito è ancora in corso quando il manifesto va in stampa.

Nelle prossime ore sono previsti importanti scambi diplomatici sul dossier ucraino. Il premier britannico, Boris Johnson, sarà a Kiev per marcare nuovamente la posizione di primato che il suo governo intende assumere nella crisi, dopo l’offerta alla Nato di inviare «armi, caccia, uomini e navi da guerra» contro la minaccia russa. Ieri avrebbe dovuto sentire al telefono Vladimir Putin per chiedergli di compiere «un passo indietro» ma problemi interni con il Partygate lo hanno costretto a cancellare l’appuntamento. A Mosca volerà, sempre oggi, il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Nell’incontro con Putin chiederà di aumentare le forniture di gas al suo paese.

E SEMPRE A MOSCA è atteso un nuovo confronto telefonico tra il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il suo collega americano, Antony Blinken, sui negoziati in corso in tema di sicurezza. «Coopereremo in buona fede, sempre che la Russia sia disponibile a risolvere i problemi attraverso il dialogo», ha detto Biden.

Per procedere si aspetta una dichiarazione di Putin, ma «Putin parlerà quando riterrà opportuno farlo», ha fatto sapere il portavoce del Cremlino. Possibile, nei prossimi giorni, un faccia a faccia con il presidente francese, Emmanuel Macron, che ha ospitato a Parigi i colloqui sull’Ucraina al termine dei quali è stata raggiunta un’intesa su un nuovo cessate il fuoco nel Donbass.

Ma nel complesso l’impressione è che proprio le autorità ucraine restino ai margini dei colloqui, nonostante il rischio di una guerra riguardi in sostanza esclusivamente loro. A Kiev il governo ha smentito con forza la possibilità di una invasione «per tutto il 2022», sollevando in questo modo malumori nella stessa Amministrazione Biden.

COSÌ SI PUÒ SPIEGARE l’improvvisa decisione del dipartimento di Giustizia americano di aprire un altro fronte di indagine sulle attività di Ihor Kolomoisky, il milionario che ha sostenuto la campagna elettorale di Zelensky. Dal suo ufficio sulla strada Bankova, Zelensky vede materializzarsi giorno dopo giorno quello che considera «il principale pericolo per il paese», lo ha ripetuto più volte di recente, ovvero la possibilità di essere travolto da una sommossa come quella che nel 2004 ha permesso all’ex presidente Viktor Yushchenko di ottenere nuove elezioni, oppure, peggio ancora, come quella che nel 2014 ha costretto alla fuga da Kiev Viktor Yanukovich.

I SERVIZI SEGRETI hanno arrestato ieri un ex funzionario di polizia, il suo nome è Yuri Goluban, che sembra essere al mondo proprio per giustificare i timori di una rivolta. Nel 2017 Goluban era finito sotto accusa per avere combattuto, questo è il sospetto, con i battaglioni separatisti Vostok e Drakon.

Due anni più tardi ha perso il lavoro da istruttore al ministero dell’Interno. Oggi l’intelligence ritiene che sia a capo di una rete composta da cinquemila uomini, almeno un terzo dei quali legati agli ambienti della criminalità comune. L’obiettivo era rovesciare il governo con azioni coordinate fra le piazze e i palazzi del potere. Per conto di chi ancora non è affatto certo. È certo, però, che i vertici dei servizi segreti scelti di recente proprio da Zelensky abbiano fretta di mostrare al presidente la loro fedeltà.