Proteste palestinesi così ampie come quelle viste nelle ultime sere alla Porta di Damasco di Gerusalemme non si registravano dall’estate del 2014. In quel periodo a scatenarle fu il piano di alcuni israeliani di estrema destra di vendicare gli omicidi in Cisgiordania di tre adolescenti ebrei che portò all’assassinio di un ragazzo, Mohammed Abu Khdeir. Questa volta sono state le limitazioni anti-Covid all’ingresso nella città vecchia e sulla Spianata della moschea di Al Aqsa per le preghiere del mese di Ramadan. E anche le intimidazioni gravi da parte di giovani ebrei a palestinesi nel centro di Gerusalemme, alcuni dei quali sono stati picchiati. Azioni a cui i palestinesi hanno reagito con un’aggressione in un tram a un giovane religioso ebreo e a un automobilista israeliano. Sullo sfondo c’è la «crisi diplomatica» per il divieto, molto probabile ma non ancora annunciato dal governo Netanyahu, alla partecipazione dei palestinesi di Gerusalemme Est alle elezioni per il Consiglio legislativo palestinese del 22 maggio. L’Anp del presidente Abu Mazen ripete che senza Gerusalemme Est le elezioni non si terranno.

Incidenti fra giovani palestinesi e reparti della polizia israeliana si sono verificati anche ieri al termine delle preghiere serali nelle moschee, quando migliaia di persone hanno lasciato Al Aqsa e si è creato un assembramento alla porta di Damasco. I poliziotti ancora una volta hanno usato il pugno di ferro ricorrendo a granate assordanti, lacrimogeni, cannoni ad acqua, cariche di agenti a cavallo. Solo nelle ultime ore sono stati arrestati almeno 30 palestinesi, numerosi quelli feriti o contusi. Scontri sono avvenuti anche a Giaffa (Tel Aviv) dove gli abitanti palestinesi contestano l’assegnazione a israeliani ebrei di case arabe confiscate in passato dallo Stato. La scorsa settimana hanno aggredito un rabbino.

L’annullamento delle elezioni palestinesi a causa di un «no» israeliano al voto a Gerusalemme Est, farebbe salire ulteriormente la tensione. Qualche sera fa Nabil Shaath, un consigliere di Abu Mazen, ha detto che se Israele, in violazione degli Accordi di Oslo (1993-94), continuerà a ignorare la richiesta dell’Anp «il voto sarà rinviato». Nei giorni scorsi il ministro degli esteri palestinese Riad al Malki è partito per Bruxelles nel tentativo di convincere l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri Josep Borrell a premere su Israele affinchè consenta agli abitanti di Gerusalemme Est di partecipare alle elezioni.

Al momento non si sa quando Israele comunicherà la sua posizione. Abu Mazen ha fretta di decidere perché non può annullare le elezioni pochi giorni prima dell’apertura delle urne. Finirebbe per alimentare i sospetti, già concreti, di tanti palestinesi riguardo i suoi timori per una vittoria degli islamisti di Hamas. Un sondaggio diffuso ieri indica peraltro una sonora sconfitta del leader dell’Anp alle presidenziali del 31 luglio se, come sembra, si candiderà Marwan Barghouti, popolare prigioniero politico palestinese da 19 anni in carcere in Israele.