«Scioperiamo contro il progetto liberista di un’Argentina in mano alla finanza»
Intervista Parla la deputata e attivista Victoria Analía Donda Pérez: «Sarà una prova di forza perché è stato convocato da una molteplicità di attori sociali e politici. L’opinione maggioritaria nel paese è di contrarietà alle scelte del governo che stanno generando sempre più povertà»
Intervista Parla la deputata e attivista Victoria Analía Donda Pérez: «Sarà una prova di forza perché è stato convocato da una molteplicità di attori sociali e politici. L’opinione maggioritaria nel paese è di contrarietà alle scelte del governo che stanno generando sempre più povertà»
In Argentina il tempo della crisi economica non è stato dimenticato e oggi nuovamente batte prepotentemente alle porte. La presidenza Macrì, segnata in maniera inequivocabile dai peggiori interessi neo-liberali, sta facendo di nuovo sprofondare il paese nel baratro.
La svalutazione del peso (oggi vale la metà dello scorso anno), l’intervento del Fondo monetario internazionale, un prestito miliardario e le misure di austerità varate dal governo non sono che gli ultimi passi di una storia che pare riportarci all’inizio dei 2000.
Oggi, 25 settembre, il paese si fermerà per uno sciopero generale e per manifestazioni che si prevedono enormi. È prevista una serrata generale: saranno chiusi anche gli ospedali e non gireranno i taxi. Con l’intervista a Victoria Analía Donda Pérez, nata nel 1977, prima figlia di desaparecidos a essere stata eletta alla camera, nonché attivista sociale e importante riferimento per i movimenti femministi e sociali, cerchiamo di capire la situazione attuale dell’Argentina.
Qual è la situazione economica e sociale oggi?
È terribile. Il governo sta facendo tutto male e fa di tutto perché le cose peggiorino. Visto da lontano il paese potrebbe anche sembrare in forza, ma un’ecografia mostrerebbe possibili tumori. Questo governo invece che fare ciò che si poteva fare per evitare il tumore ha fatto tutto il contrario. Abbiamo moltissima povertà, invece che tentare di ridurla si incrementa. Un bambino su due vive sotto la soglia di povertà oggi. Il 45% dei bambini delle periferie non mangia o mangia male. Eravamo già indebitati, oggi lo siamo ancora di più. Quando erano all’opposizione criticavano le tasse sulle ricchezze e promettevano ai pensionati di non fargliele pagare affatto. Oggi aumentano le tasse. E in tutto questo aumenta la repressione nelle strade e si fa tremenda.
Diciassette anni dopo la crisi del 2001 com’è possibile che si sia tornati in questa situazione?
Penso che le condizioni per costruire un paese più giusto e più equo ci siano state, ma è mancata la volontà politica di chi ci ha governato ad agire in merito. E siamo passati alla politica dell’occultamento. Così si è evitato di vedere l’ingiusta struttura economica del paese. Oggi vediamo semplicemente un disastro realizzato da un governo insensibile.
Che responsabilità ha Macrì?
Oltre ad aver mentito in campagna elettorale, sta costruendo il suo progetto di paese per pochissimi, dove a essere garantiti sono i settori più forti, la finanza e chi lavora nell’agro-esportazione. Il modello di Macrì è simile al menemismo. Tutti sappiamo dove ci ha portato quella nefasta esperienza.
Che ruolo può avere lo sciopero per il futuro dell’Argentina e per i movimenti sociali?
Penso sarà una prova di forza anche perché è stato convocato da una molteplicità di attori sociali e politici. Questo dimostra che l’opinione maggioritaria nel paese è di contrarietà alle scelte che sta prendendo il governo. Queste scelte stanno generando sempre più povertà, recessione e sofferenze per le persone. Speriamo che serva a forzare il governo a un vero dialogo. Nel contesto in cui stiamo vivendo il rispetto per i diritti sociali passa in secondo piano, perché uscendo di casa si vedono persone fare l’elemosina, chiedere da mangiare o dormire per strada. Viviamo in una situazione limite. E sono i movimenti sociali ad avere un ruolo fondamentale in questa fase: da una parte perché sono i movimenti a dar da mangiare a chi lo chiede, non lo Stato: dall’altra sono i portavoce delle necessità collettive e stanno costruendo proposte capaci di superare la crisi che stiamo vivendo.
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