Giorgia Meloni sbotta furibonda quando sente la nuova segretaria del Pd accusarla di non aver detto nulla sulla tragedia di Crotone: «Ma come? Ho scritto alla Ue, mi hanno risposto subito e il 23 marzo il Consiglio ne discuterà, ne ho parlato in tv». A palazzo Chigi c’è chi a bassa voce aggiunge altro: «Ma l’opposizione non si rende conto che chiedendo le dimissioni di Piantedosi lo blinda?». In commissione Affari costituzionali, alla Camera, Elly Schlein ha preso per la prima volta la parola in veste di leader del Pd, nell’audizione del ministro degli Interni.

È stata durissima, ha chiesto «chiarimenti» sulla catena di comando e sul mancato soccorso nonostante l’allarme lanciato da Frontex, si è unita alla richiesta di dimissioni già avanzata da Magi per +Europa, Zaratti per Avs, Colucci per i 5S e da Calenda: «Le sue parole sono apparse a tutta Italia indegne, disumane, inadeguate al ruolo ricoperto. Attendiamo la magistratura ma dal punto di vista politico mi unisco ai colleghi che suggeriscono le sue dimissioni». Poi l’affondo della leader dem – che oggi, come Mattarella, andrà a Crotone – sulla premier: «C’è un’altra assenza grave, quella della voce di Giorgia Meloni non solo su Crotone ma anche sull’aggressione squadrista a Firenze».

PIANTEDOSI TIENE BOTTA, respinge le accuse, difende la linea del governo: «Frontex non aveva segnalato una situazione di pericolo o di stress a bordo. Poi le condizioni meteo sono peggiorate. Gli apparati dello Stato hanno gestito 453 eventi Sar e soccorso 27.457 persone: meritano rispetto e riconoscenza». Far luce sui fatti spetta alla magistratura ma «se c’è stata una debolezza del ministero mi assumerò ogni responsabilità». È una promessa di dimissioni ma è una promessa facile: le responsabilità del governo sono politiche, stanno nell’aver creato un clima che mira a scoraggiare le partenze in ogni modo ma così inevitabilmente aumenta i rischi e induce ad abbassare l’attenzione sui salvataggi.

DI SFUGGITA PIANTEDOSI corregge il ministro Lollobrigida, che aveva parlato di 500mila ingressi regolari: «Nel ’22 ce ne sono stati 83mila, basta moltiplicarli per 5 anni ed ecco il proposito di mezzo milione di ingressi». Poi chiude in bruttezza: «Qualcuno stigmatizza il mio essere stato funzionario di polizia, mi chiama questurino. Sono orgoglioso di esserlo». Come se considerare inopportuno rendere ministri i prefetti fosse un insulto alla polizia.

LA MAGGIORANZA STAVOLTA fa muro. La Lega, con Salvini in testa, aveva iniziato a fare le barricate a protezione del ministro imposto dal Capitano sin dal mattino: «Vogliono mettere sotto processo il ministro e la Guardia costiera invece dei trafficanti». Lollobrigida promuove Piantedosi a «grande ministro» e anche Balboni, il presidente della commissione che martedì al Senato era stato sferzante nella richiesta di approfondimenti, fa sapere di aver solo voluto «parare strumentalizzazioni da parte dell’opposizione». Gasparri per Fi, tripudia: «Abbiamo scelto la linea del rigore contro l’immigrazione clandestina».

MA LA COMPATTEZZA è di facciata e le frecciate da palazzo Chigi sull’opposizione che blinda Piantedosi si spiegano facilmente. Alla premier le parole del ministro non sono piaciute, anche se ovviamente le dimissioni non sono mai state prese in considerazione neppure alla lontana. Non è solo questione di gaffe. La strategia comunicativa su cui punta Meloni è opposta a quella che cavalcava nel 2009 Salvini, non è fatta di ruggiti, come ai tempi del «blocco navale», e tanto meno di gelido cinismo.

L’immagine che la leader della destra vuole accreditare, in Europa ma anche agli occhi dell’elettorato italiano, è quella di chi con la disperazione di quelli che fuggono da guerra e povertà empatizza e cerca soluzioni realistiche e concrete. Nulla a che vedere con la teatralità dei leghisti che riverbera invece sull’uomo di Salvini al Viminale.
LA LUNGA LETTERA alla Ue è da questo punto di vista esemplare, accorata, partecipe, commossa ma pragmatica: «Rifiuto l’idea che nulla possa essere fatto. Il fattore tempo è decisivo. Servono stanziamenti finanziari straordinari». Nel concreto la premier chiede all’Europa intera di farsi carico di una strategia basata sui corridoi umanitari per i profughi e sulle quote di immigrazione legale per «gli immigrati economici». Il presidente Michel ha ricevuto la lettera, la Ue fa sapere che il tema verrà affrontato nel Consiglio di marzo. È la nuova Meloni, sempre più distante, almeno nella facciata, dall’eterno Salvini.