Elly Schlein ci aveva pensato seriamente alla candidatura di Ilaria Salis alle europee. Ne aveva parlato giorni fa con il giro stretto del Pd, e avrebbe anche fatto muro davanti ai dubbi che erano stati espressi dentro il partito. Per questo ieri ha incontrato Roberto Salis, padre di Ilaria, che fino a poche ore prima aveva spiegato che dai dem non era mai arrivata alcuna proposta concreta.

IERI SI SONO INCONTRATI per parlare di questa ipotesi. Il padre già martedì, parlando con Huffpost, aveva messo in luce i rischi dell’operazione, la possibilità che fosse «un boomerang», soprattutto se Ilaria alla fine non fosse stata eletta. I rischi di una ritorsione. «Spero sia chiaro a tutti il luogo dove è detenuta…», le sue parole. Che ha ripetuto anche ieri durante il faccia a faccia con la segretaria Pd. Una posizione che ha spinto Schlein ad archiviare l’idea.

«Questa ipotesi in questo momento non è in campo, non c’è nessuna trattativa», ha detto in serata su Raiuno a «5 minuti». «Ho voluto incontrare il padre per discutere con lui su come possiamo essere utili a togliere una cittadina italiana a cui sono lesi gravemente diritti e dignità dalla situazione inaccettabile in cui si trova». Evidentemente la strada della candidatura non è parsa quella giusta.

Anche perché Schlein non sarebbe stata in grado di offrire al padre certezze sulla effettiva elezione di Ilaria, neppure con un posto da capolista nelle isole: le preferenze non sono più governate come ai tempi del Pci, e in quella circoscrizione (che elegge un paio di deputati) ci sono già in campo big come Pietro Bartolo e Giuseppe Lupo. E le altre circoscrizioni sono già affollate di aspiranti eletti. Il rischio di un flop per Salis sarebbe stato alto, anche perché impossibilitata a fare campagna elettorale. Inoltre, come dimostra il precedente del leader indipendentista catalano Carles Puigdemont, l’elezione non sarebbe stata comunque un facile lasciapassare per sfuggire alla giustizia ungherese.

CERTO, C’ERANO DUBBI ANCHE dentro il Pd. E non da poco: Salis è estranea al mondo del socialismo europeo, si colloca decisamente più a sinistra. E non è un mistero che le accuse nei suoi confronti (è detenuta da 13 mesi a Budapest e rischia fino a 24 anni di carcere per un pestaggio di neonazisti in Ungheria, assai lieve nelle conseguenze) facciano storcere il naso a molti dem. Tanto che martedì sera su Rete 4 Stefano Bonaccini aveva detto: «Non credo che la candideremo alle europee». L’obiettivo, per i riformisti, resta quello di sottrarre Salis a un trattamento «che non è tollerabile in Europa». Schlein però avrebbe superato le resistenze interne al partito, per fare di Salis un simbolo della battaglia contro le estreme destre europee rappresentate dal presidente ungherese Orban, amico di Meloni.

IL CASO SALIS DUNQUE PARE destinato a restare nel solco del diritto penale. Martedì le dure parole del portavoce di Orban Zoltan Kovacs: «Nessuna richiesta diretta al governo ungherese renderà più semplice difendere la causa di Salis, il nostro governo non ha alcun controllo sui tribunali». Il padre di Ilaria, dopo queste parole, ha potuto solo constatare che «hanno già fatto il processo ed emesso la sentenza».

Ieri il ministro degli Esteri Tajani, uno di quelli che più avrebbe voce in capitolo per difendere le ragioni della concittadina detenuta, ha detto che «il governo ha fatto e detto tutto quello che poteva fare e dire per tutelare la cittadina italiana detenuta in Ungheria, come fa per tutti i cittadini italiani all’estero, e non c’è altro da aggiungere».

UNA LINEA CHE NON CONVINCE Roberto Salis che accusa il ministro degli Esteri: «Dovrebbe farsi un esame di coscienza e chiedersi cosa abbia fatto in quei dieci mesi: ha avuto tutto il tempo necessario per agire nel massimo silenzio, potendo sfruttare i canali diplomatici e dovrebbe spiegare perché non è riuscito a ottenere nulla». Controreplica Gasparri: «Forse doveva avere più attenzione anche prima da parte della sua famiglia visto che si sarebbe recata all’estero per partecipare a manifestazioni tutt’altro che pacifiche. Qualche buon consiglio paterno le sarebbe stato utile». Una conferma del fatto che la destra italiana al governo non ha alcuna intenzione di lavorare per il rientro in Italia di Salis.