Finora sono rimasti in silenzio, ma quando deciderà di procedere davvero al taglio dei finanziamenti destinati all’accoglienza dei migranti Matteo Salvini potrebbe trovarsi di fronte l’opposizione degli oltre cento prefetti italiani. E’ da loro, infatti, che dipende la gestione dei bandi per le cooperative e gli enti privati che sul territorio gestiscono i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria dove trova posto il maggior numero di migranti. Su un totale di 174 mila richiedenti asilo, ben 138.504 sono ospitati nei Cas, 25.657 nel sistema Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) gestito dai Comuni e 8.990 nelle strutture di prima accoglienza.

«Credo che dei 35 euro attuali ne possiamo limare almeno 10», ha ripetuto ancora una volta il ministro degli Interni nel suo intervento di ieri al Senato. I 35 euro di cui si parla rappresentano la cifra spesa quotidianamente per ogni migrante ospitato nei Cas (gli Sprar sono finanziati sulla base dei progetti presentati dai Comuni), soldi che nella pressoché totalità servono a pagare i servizi offerti, a partire da vitto e alloggio per finire con i corsi di italiano, l’assistenza sanitaria e legale e i corsi professionali per l’avviamento al lavoro. E naturalmente, per pagare gli stipendi del personale. Soldi che quindi non finiscono nelle tasche del migrante, che può contare solo un pocket money giornaliero di 2,5 euro per le piccole spese.

Da luglio dello scorso anno gli sbarchi nel nostro paese sono costantemente in calo, al punto che oggi si registra una diminuzione del 78% rispetto ai primi sei mesi del 2017. Ma nei mesi in cui gli arrivi si contavano a decine di migliaia a settimana, sono stati proprio i prefetti a gestire l’emergenza cercando e trovando strutture sul territorio nelle quali trasferire i richiedenti asilo e scontrandosi spesso con l’opposizione dei sindaci. Anche per questo quello tra il nuovo ministro degli Interni e i prefetti è un rapporto a dir poco complicato, che rischia adesso di peggiorare ulteriormente.

Tra i motivi che Salvini porta a giustificazione del taglio c’è la convinzione che 35 euro al giorno rappresentino la spesa più alta in Europa destinata all’accoglienza. Non è così. Secondo uno studio dell’Emn, l’European migration network del Consiglio dell’Unione europea, più di noi spendono il Belgio, che destina all’accoglienza 51,14 euro al giorno, la Finlandia (49 euro) l’Olanda (63 euro), la Svezia (40 euro) e perfino la Slovacchia (40 euro), paese che con Ungheria, Polonia, e Repubblica Ceca forma il gruppo di Visegrad da sempre ostile all’accoglienza dei migranti. Meno di noi, invece, spendono Francia (24 euro al giorno), Polonia, Austria, Repubblica Ceca, Irlanda e Croazia.

La spesa per l’accoglienza rappresenta il 68,4% dei quasi 5 miliardi di euro destinati nel Def alla gestione dei migranti. Il restante 31,5% copre invece le spese per i salvataggi in mare (18,9%) e l’istruzione e la sanità (12,7%). Il contributo che arriva dall’Ue è minimo, visto che per il 2018 ammonta ad appena 80 milioni di euro, ma va detto che quelli investiti dal governo italiano non sono soldi sottratti agli italiani, come invece vuol far credere Salvini. Si tratta infatti che il Def inserisce all’interno della cosiddetta «clausola di eventi eccezionali» e in quanto tali scorporabili dai vincoli di bilancio previsti dal trattato sulla stabilità. Detto in altri termini, se non venissero spesi per l’immigrazione i 5 miliardi finirebbero con l’essere conteggiati nel computo del debito e del disavanzo pubblico aggravando la posizione dell’Italia.