Un «comitato di salvezza nazionale», come nella Romania del 1989. Lo propone adesso Matteo Salvini, che appena qualche settimana fa non vedeva alcuna alternativa possibile alle elezioni al più presto e adesso ha evidentemente deciso di cambiare strategia. Propone che a far parte di questo «comitato» siano chiamate tutte le forze politiche, «da Leu a Forza Italia», per «scegliere alcuni interventi urgenti comuni, ridisegnare le regole e salvare il paese che altrimenti rischia di affondare». Non potendo prendere sul serio la proposta, si deve prendere sul serio la tattica: travestendosi da responsabile Salvini cerca di dare la spallata definitiva alla maggioranza. Provando a toglierle il collante più forte, quasi l’unico rimasto dopo i primi cento giorni di governo: il pericoloso nemico comune leghista.

Dipenderà anche dalle sardine che gli hanno dimostrato come nel paese c’è ancora la capacità di reagire alla sua scalata verso i «poteri assoluti». Dipenderà anche dai sondaggi, che per la prima volta mostrano qualche frenata, e dall’accoglienza sui social e in tv che non è più la stessa (oggi però torna da Giletti). Ma a ispirare il «nuovo» Salvini è sicuramente il desiderio di cogliere le difficoltà del governo. Tornate a galla, da ultimo, sul salvataggio della banca pugliese. Non a caso in testa alla lista delle cose da fare nel «comitato di salvezza», il capo leghista mette ora «il risparmio». Seguito da «infrastrutture, burocrazia, politiche di crescita e tutela della salute». Programma del tutto vago, quel che conta è il segnale. «La situazione è molto grave e lo steccato opposizione-maggioranza merita di essere superato», dice Salvini. E si rivolge direttamente a Conte, il presidente del Consiglio che fino a qualche giorno fa «mette a rischio gli italiani», «deve togliere il disturbo», «ha lo sguardo di chi ha paura e scappa», «lo querelo». «Il signor Conte smetta di insultare e minacciare – dice Salvini – sediamoci, ragioniamo, la Lega va oltre l’interesse politico e partitico e si mette in gioco».

Qualche settimana fa una proposta del genere l’aveva fatta il vice di Salvini, Giancarlo Giorgetti, ma il capo leghista l’aveva lasciata cadere. Adesso la ripropone non perché abbia in testa il risparmio o le infrastrutture. Cerca di mettere in difficoltà il governo – che nelle difficoltà c’è già abbondantemente, domani sera si terrà il vertice per la prima verifica di maggioranza su giustizia e autonomia – e pensa alla nuova legge elettorale. Vuole che la Lega non ne resti fuori, sa perfettamente che dopo aver cambiato la legge elettorale in questo paese si torna subito a votare. «Quello inglese è un sistema elettorale assolutamente premiante», dice avendo negli occhi la vittoria di Boris Johnson, e il modello che la Lega sta provando a far passare con il referendum abrogativo (il 15 gennaio l’eventuale ammissibilità). Ma Salvini ha visto le simulazioni che danno la Lega in testa anche con il proporzionale corretto: «Non voglio far morire l’Italia di legge elettorale, noi siamo disponibili a ragionare anche di altro».