Trecento. Per la destra questo vale in euro la libertà di manifestazione del pensiero. Nella risibile narrazione della dirigenza Rai è la differenza che avrebbe escluso Scurati dal piccolo schermo. La vicenda va molto al di là del caso specifico, e indica il degrado del servizio pubblico e un modo di concepire ed esercitare il potere. Lo segnalano le proteste dei lavoratori Rai. Un esercizio maldestro, perché ha fornito a Scurati uno standing che il minuto sulla terza rete Tv non gli avrebbe dato mai.

Con l’occasione Giorgia Meloni ha dimostrato che la parola antifascismo la tollera nella citazione di altri nel suo post, ma rimane allergica a pronunciarla in prima persona. Un autogol. Bene, perché le opposizioni faticano a toccare palla, nel frastuono su liste, capilista, candidature, nomi sulla scheda e inchieste giudiziarie. Autogol della destra anche sulle riforme. Il leghista Molinari chiede il rispetto dei patti di maggioranza sulle riforme, ufficializzando lo scambio infame tra premierato e autonomia differenziata per grattare qualche voto nelle urne europee. Autogol di Meloni, che chiude la campagna in Basilicata con il vuoto mantra che l’autonomia differenziata responsabilizza.

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Certificando così l’adesione a una competizione insostenibile tra diseguali. Ma chi si può davvero responsabilizzare, in una regione dove per la carenza di infrastrutture la velocità degli spostamenti è talvolta non molto maggiore di quella a dorso di mulo, mentre il turismo sanitario e l’emigrazione in specie giovanile conoscono numeri devastanti? Una regione che si interroga sul futuro in una transizione ecologica che in prospettiva rende marginale il suo petrolio? Non basterà la politica dei bonus petroliferi né sarà il soccorso di Azione e Italia Viva a Bardi a risollevarne le sorti.

Bene ha fatto Schlein a Potenza ad attaccare l’autonomia differenziata, anche se non è bastato a fermare Bardi. Ha colto che nel Sud qualcosa si muove, come prova il documento di maggioranza approvato dal consiglio regionale della Calabria il 18 aprile. Chiede di non procedere con intese prima del finanziamento integrale dei Lep in tutto il paese e, per le materie non-Lep, prima di una valutazione di impatto «sull’attività dei cittadini, delle imprese nonché sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni» al fine di assicurare «il corretto funzionamento concorrenziale del mercato, la tutela delle libertà individuali, la tenuta dei principi generali dell’ordinamento».

Una formula impegnativa. Anche a destra c’è chi si preoccupa di divari territoriali e diseguaglianze. Per questo nella mattina di oggi a Roma esponenti di destra e sinistra – tra cui io stesso – insieme dicono no all’autonomia differenziata, «per un’Italia unita e solidale». Un sentire condiviso che non cancella affatto la distanza politica che per altro verso rimane.

Dopo Napoli e Milano, è il terzo incontro. Oggi presenterò 20 domande utili per un question time, tratte dalla lettura disegno di legge Calderoli: dieci a Giorgia Meloni, due a Giorgetti, otto a Calderoli. Toccano i limiti al negoziato per le intese che Meloni potrebbe porre, la prevedibilità di risorse disponibili per i Lep, le funzioni immediatamente trasferibili su sanità e scuola, il transitorio previsto per le tre regioni già in pista (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna), l’orientamento di Meloni e Calderoli nel caso di iniziative in chiave di macroregione, e altro ancora. Nel pomeriggio di oggi il Coordinamento per la democrazia costituzionale tiene anche un convegno contro il premierato e l’autonomia differenziata. Notizie sui due eventi e le 20 domande si trovano sulla mia pagina Facebook e in www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.

Che il testo Calderoli sia approvato prima del voto europeo o dopo importa solo per la competizione tra Fratelli d’Italia e Lega, e magari per la leadership di Salvini. Conta invece che subito si avvierà l’attuazione, perché il presidente Zaia presenterà la richiesta veneta di maggiore autonomia a Meloni il «giorno dopo» il voto finale. In questa fase sarà a rischio l’unità della Repubblica. È dunque importante far emergere da subito gli orientamenti del governo e dei partners di maggioranza. Chi è davvero contrario a una stravolgente lettura dell’articolo 116.3 della Costituzione deve misurarsi. Qui e ora, e non aspettando un referendum abrogativo lontano e incerto.