In giorni in cui l’attenzione mediatica è concentrata sulle alleanze, le esclusioni o i seggi sicuri, è calato il silenzio su quella che per mesi è stata chiamata «crisi della democrazia». Una «crisi» riassunta con la presa d’atto della scarsa partecipazione, una crisi che però ha radici molto più profonde.

Lo scioglimento anticipato delle Camere, i tempi stretti per la presentazione delle liste e i meccanismi della legge elettorale cancellano di fatto la possibilità di partecipare alle prossime elezioni per chi non è già in Parlamento. Se a questo aggiungiamo il taglio di 345 seggi la «crisi» diventa particolarmente evidente. Ma chi ne parla?

La settimana scorsa, con Marco Cappato abbiamo lanciato una lista «Referendum e Democrazia» che ha come priorità la denuncia della violazione dell’uguaglianza davanti alla legge in occasione delle elezioni e, come da tradizione politica nonviolenta, la proposta di una risposta tanto possibile per giunta già attuata: la firma digitale.

Nell’estate 2021 i referendum su eutanasia e cannabis hanno raccolto quasi 1 milione di firme online. Un’impresa resa possibile grazie a una mobilitazione straordinaria e alla conquista della firma digitale che consente di superare gli ostacoli materiali alla partecipazione civica per cui l’Italia è stata messa in mora dall’Onu nel 2019 a seguito di un ricorso giudiziario di Mario Staderini.

In qualche settimana è stato dimostrato che abbattuti gli «irragionevoli ostacoli» frapposti al godimento dei diritti civili e politici la partecipazione popolare c’è. Certo non su tutto quello che viene proposto ma la voglia di contribuire alla vita istituzionale del posto dove si vive si è sentita chiara e forte.

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Il divieto di fatto di partecipare alle prossime elezioni colpisce partiti e movimenti storici come Rifondazione Comunista, Radicali Italiani, Possibile, Volt e chi non ha l’esenzione. Le firme dovranno esser raccolte su moduli in cui è specificato l’apparentamento ma, non avendo nessuno degli esentati chiuso le liste, chi deve recuperare le firme non potrà che partecipare in solitudine. Da sempre queste cose si compongono a poche ore dalla scadenza.

Contro alcuni di questi meccanismi ai limiti della costituzionalità del Rosatellum sono stati predisposti ricorsi, tra tutti quelli ricordati su il manifesto recentemente da Felice Besostri e Enzo Paolini, un motivo in più perché le istituzioni accolgano l’invito a bilanciare le discriminazioni con strumenti di transizione digitale – tra l’altro la legge del 2017 prevedeva una delega al Governo per sperimentare la sottoscrizione di candidature per via telematica!

Dal 27 luglio Virginia Fiume è in sciopero della fame con altre 15 persone per chiedere la possibilità di sottoscrivere digitalmente le liste elettorali come è già accaduto per i referendum.

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Occorre una decisione repentina da parte di chi può prenderla. Non si tratta di una modifica ad listam ma di una riforma erga omnes. Non si pretende un’esenzione sulla base di quanto suscitato in termini di partecipazione popolare l’estate scorsa, ma il pieno rispetto del principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione.

Ci sono i mezzi tecnici per consentirlo ma a oggi manca la volontà politica. La crisi della democrazia va chiamata col suo vero nome: una violazione diffusa e sistematica dei diritti civili e politici di chi vive nella Repubblica italiana.