Il corpo di Lorenzo Altamirano, giovane musicista poco più che ventenne, è apparso la notte del 1 febbraio di fronte ai cancelli della porta nº6 dello stadio Coloso Marcelo Bielsa, dove gioca la squadra di serie A Newll’s Old Boys. Era stato sequestrato a caso mentre tornava a casa, non aveva alcun contatto con la malavita né con gli ultras locali spesso ad essa associati, e dopo 15 minuti trascorsi su una Sandero rubata è stato giustiziato.

Sul petto Lorenzo aveva appeso un biglietto, un’intimidazione contro il capo di una delle bande di narcos che da vent’anni mantengono a ferro e fuoco la città di Rosario. E che sconta una condanna per omicidio a Rawson, a 1.460 chilometri di distanza.

«A ROSARIO I NARCOS hanno vinto», è stato il commento del ministro per la Sicurezza argentino Aníbal Fernandez un mese più tardi, dopo l’ennesimo attacco intimidatorio nel centro della città, questa volta contro il supermercato del suocero di Lionel Messi, lo scorso primo marzo.

L’omicidio di Altamirano, e i 14 colpi sparati contro la saracinesca del negozio della famiglia di Antonela Roccuzzo rivelano la gravità di quel che succede nella città di Messi e Di María, le due star della Nazionale di calcio argentina. La città di Ernesto Che Guevara. La criminalità organizzata ha superato ogni limite, usa i corpi della società civile come mezzo per lanciare minacce e inviare messaggi.

Nel 2018 si è concluso il maxiprocesso contro “Los Monos”, la principale organizzazione di narcotrafficanti attiva a Rosario dal 1999 e che oggi spadroneggia in città. Durante quel processo si dimostrò che erano i boss del narcotraffico a comandare su ampi settori della polizia di Santa Fe, la provincia dove si trova Rosario.

L’ATTUALE GOVERNATORE, Omar Perotti, ha cambiato la cupola delle forze di sicurezza per ben tre volte da allora, ma la situazione non è affatto cambiata. Nel 2013 la casa dell’allora governatore della provincia Antonio Bonfatti ricevette 14 colpi di arma da fuoco, alcuni provenienti da un’arma in dotazione alle forze di sicurezza, e l’unico condannato fu Emanuel Sandoval, un sicario piuttosto conosciuto nel mondo del delitto locale. Il paese intero inorridì di fronte a un simile attentato, e in città sbarcarono 2.500 soldati inviati dal governo di Cristina Fernandez de Kirchner. Sandoval venne a sua volta assassinato nel 2019, mentre si trovava nella casa di un giudice, fratello dell’avvocato dello stesso Bonfatti.

Rosario, un enorme murale dedicato a Lionel Messi. Il 2 marzo ignoti hanno esploso 14 colpi contro il negozio di suo suocero e lasciato un biglietto di minacce nei suoi confronti (Ap)

Oggi il tasso di omicidi a Rosario, che con 1,4 milioni di abitanti è la terza città più popolata del paese, quadruplica la media nazionale. Il business del racket, degli omicidi su commissione a 50 euro a vittima, e la distribuzione di stupefacenti al dettaglio, sono gestiti dalle prigioni dove da anni si trovano tutti i boss delle bande locali, che a differenza del resto del paese, possono contare su un fittissimo sistema di tutele e agevolazioni garantito dalle stesse autorità provinciali e nazionali. La cella di “Guille” Cantero, massimo boss della malavita di Rosario, aveva addirittura una linea telefonica fissa non monitorata dalla giustizia.

UNA DELLE RADICI del fenomeno, come succede con gran parte delle vicissitudini che segnano la storia argentina, la si può trovare nel porto. Rosario si trova in una posizione privilegiata, sulle rive del Rio Paraná, dove le acque permettono la navigazione di imbarcazioni di grande portata, e nel centro del bacino di produzione dell’agrobusiness argentino. Da qui passano circa 4,5 tonnellate di cereali e soia geneticamente modificata e 76.000 container di prodotti industriali all’anno, principalmente diretti verso l’Europa e il mercato latinoamericano. Rosario si trova al vertice dell’imbuto che collega la triplice frontiera tra Argentina, Paraguay e Brasile, una delle zone più utilizzate per i traffici illegali, con l’Atlantico.
Gli introiti derivanti dal commercio hanno alimentato poi un boom immobiliare senza precedenti: secondo uno studio dell’Università di Rosario, negli ultimi 10 anni sono stati costruiti 5 milioni di metri quadrati abitabili in città, a cui però solo un settore molto ridotto della popolazione ha accesso.

LA CONCENTRAZIONE economica del prodotto delle campagne, le difficoltà di accesso al mercato del lavoro e la gentrificazione del centro della città hanno alimentato la crescita dei quartieri più periferici, 112 agglomerati urbani in cui si stima che vivano 36.000 famiglie, di cui solo il 2% accede ad acqua potabile e il 5% alla luce elettrica.

A Rosario e dintorni un abitante su tre è povero secondo i dati ufficiali, e le bande narcos ne approfittano per assoldare giovani soldatini per lo spaccio. Sempre secondo l’Università di Rosario, solo il traffico di droga al dettaglio muove circa 9 milioni di dollari al mese, con guadagni superiori ai 5 milioni per le gang che si contendono il territorio della città. E oltre al denaro facile, ciò che ormai più attira i giovani è il prestigio che solo l’appartenenza a uno di questi gruppi può dare: il 25% delle vittime della guerra narco di Rosario ha meno di 19 anni. Nei cellulari dei giovani membri arrestati, gli inquirenti scoprono spesso che cercano le loro gesta sulla stampa locale, o sperano di trovare il proprio nome su Google, magari associato a qualche alias fantasioso.

INTANTO, SOLAMENTE nell’ultima settimana sono state registrate due sparatorie al giorno e tre omicidi, una delle vittime ha 11 anni. La polizia provinciale ha caricato con violenza le manifestazioni sorte questo lunedì dopo gli episodi di violenza del fine settimana, e la situazione sembra ormai fuori controllo.

Le conseguenze ricadono ormai su tutti gli aspetti della vita della città. Le due squadre di calcio locali, il Newll’s Old Boys, dove ha mosso i primi passi Lionel Messi, e il Rosario Central, dove ha esordito Ángel Di María, hanno addirittura seri problemi a ingaggiare nuovi giocatori: all’inizio del campionato gli allenatori di entrambe le squadre hanno rivelato che le famiglie dei calciatori non vogliono trasferirsi in una città controllata dai narcos.