La fase due del governo Milei, iniziata, secondo il presidente ultra-liberista, con la definitiva approvazione della Ley Bases e del pacchetto fiscale, non sembra molto diversa dalla fase uno. Almeno riguardo ai licenziamenti: dopo le due ondate di dicembre e di marzo, quando circa 24mila impiegati pubblici erano stati licenziati senza pietà, è arrivato il turno di almeno altri 2.300 lavoratori precari di settori nevralgici dello stato, diversi dei quali con quasi vent’anni di anzianità.

La redazione consiglia:
Sciopero generale contro “el loco” Milei, dopo soli 45 giorni
La redazione consiglia:
L’Argentina licenzia in massa, con la polizia

Sotto i colpi della sinistra motosega di Milei, hanno perso il posto, tramite e-mail e senza alcun indennizzo, 90 medici (pneumologi, endocrinologi, oncologi, fisiatri pediatrici, ecc.) e infermieri dell’Hospital Posadas, gestito dallo stato, a cui fanno riferimento circa sei milioni di pazienti, come pure 288 impiegati dell’Inti (l’istituto nazionale di Tecnologia industriale) e personale chiave degli ex ministeri dello Sviluppo sociale e della Donna (poi confluiti nel Ministero del Capitale umano) e della Segreteria dei diritti umani. E pure in questa terza ondata chi si è azzardato anche solo a chiedere l’apertura di un tavolo negoziale ha ricevuto in cambio manganellate, proiettili di gomma e gas lacrimogeni.

Da quello che era un tempo il ministero dello Sviluppo sociale, la super ministra del Capitale umano Sandra Pettovello, ancora al suo posto dopo lo scandalo della mancata distribuzione degli alimenti alle mense sociali, ha cacciato via tutti i lavoratori della cosiddetta Area territoriale, presenti nelle periferie per aiutare la popolazione con meno risorse ad accedere ai programmi sociali. Come pure è stato allontanato l’80% del personale della Segreteria di protezione contro la violenza di genere, con la cancellazione di tutti i relativi programmi, a cominciare dallo smantellamento della Linea 144 de assistenza alle donne vittime di violenza.

Allo stesso modo il governo ha svuotato le politiche di Memoria, verità e giustizia, non rinnovando il contratto a 60 lavoratori della Segreteria dei diritti umani, metà dei quali impegnati negli spazi della Memoria, quelli in cui operavano i centri clandestini durante la dittatura.

Ed è proprio a una dittatura che questo governo sta assomigliando ogni giorno di più, ha denunciato il leader dell’Ate (Associazione dei lavoratori statali) Rodolfo Aguiar, evidenziando come i nuovi desaparecidos siano rappresentati oggi dai lavoratori licenziati e dai loro familiari, tutti «condannati a una morte civile».

«Sotto questo governo non c’è posto per spese superflue», ha commentato, esultando, il portavoce presidenziale Manuel Adorni, avvisando che sarà così alla fine di ogni trimestre, finché evidentemente  non rimarrà un solo precario da licenziare. E la situazione andrà ancora peggio con l’approvazione della Ley Bases, grazie a cui potranno perdere il posto anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato. A conferma di come «la talpa dentro lo Stato» – come si è autodefinito Milei – proceda speditamente a distruggerlo dall’interno.

Sarà questo anche l’obiettivo della seconda fase del piano di stabilizzazione economica, che avrà come asse centrale un’ulteriore riduzione dell’emissione monetaria. Così hanno spiegato, in conferenza stampa, il ministro dell’Economia Luiz Caputo e il presidente della Banca centrale Santiago Bausili, cercando di «tranquillizzare i mercati», che non avrebbero «reagito come previsto» all’approvazione della Ley Bases e del pacchetto fiscale.

Solo allora, quando il problema dell’inflazione sarà stato risolto una volta per tutte e l’obiettivo di un «deficit di bilancio pari a zero» sarà stato raggiunto, potrà avere inizio la terza fase, «che sarà di crescita». E nella quale giocherà un ruolo fondamentale il controverso Rigi, il regime di incentivo ai grandi investimenti approvato con la Lay Bases, che garantirà per 30 anni benefici fiscali e doganali per i progetti di investimento superiori a 200 milioni di dollari nei settori dell’energia, dell’estrazione mineraria, dell’agroindustria e delle infrastrutture: un inaudito regalo alle multinazionali, a scapito delle piccole e medie imprese argentine, che rafforzerà ulteriormente il già dilagante modello estrattivista, cedendo a imprese straniere lo sfruttamento delle risorse naturali del paese.