A Crotone il palazzo del municipio lo trovi in piazza della Resistenza. Mai nome fu più appropriato. Perché Crotone è una città che lentamente muore e per viverci devi resistere. Stritolati dalla disoccupazione e ammorbati dai veleni delle fabbriche novecentesche, i crotonesi provano a farlo. L’ultima beffa, il tentativo di Eni di lasciare le scorie altamente inquinanti in città, è un altro mortifero colpo alla salute di un territorio fortemente compromesso. I comitati sono pronti a dure azioni di lotta: «Occuperemo il palazzo del comune se necessario». Non c’è altra via di uscita in attesa della conferenza dei servizi di oggi in cui si deciderà a Roma il futuro di queste tonnellate di veleni.

«BASTA con le iniziative di Eni che sono tese a stravolgere le scelte già prese nella Conferenza dei Servizi del 2019 dove si è stabilito che i rifiuti della bonifica delle due discariche fronte mare vanno portati fuori Crotone e fuori dalla Calabria. Piuttosto che chiedere a Eni conto per omessa bonifica nel rispetto di quanto stabilito, è stata indetta per oggi una nuova Conferenza per rimuovere il vincolo di tutela ambientale e consentire così al gigante petrolifero di lasciare tutti i veleni a Crotone» dicono gli attivisti, riuniti nel circolo Arci Gli spalatori di nuvole, nel quartiere Tufolo. «È necessaria una consapevole e forte mobilitazione contro un tentativo mostruoso di modificare le tutele ambientali decise». Ciò che è in gioco è la salute di un intero territorio. Qui un tempo spuntavano fabbriche tra i pruneti. Stalingrado la chiamavano, Crotone. Poi le fabbriche sono state dismesse con il carico tossico in eredità.

TUTTE LE AREE edificate con Conglomerato Idraulico Catalizzato hanno il suolo e il sottosuolo stracolmo di veleni pericolosissimi, radioattivi come Tenorm e Norm, e cancerogeni come Antimonio, Arsenico, Tallio, Cadmio, Rame, Zinco, Piombo. Così come le acque di falda sono avvelenate da Alluminio, Solfati, Nitriti, Antimonio, Arsenico, Ferro, Mercurio e Selenio. Tanto da farne il sito più inquinato d’Europa. «Quante di queste sostanze sono finite nel ciclo biologico e nel cibo che mangiamo?» rimarca il comitato Fuori i veleni che raggruma la protesta cittadina. Il tasso standardizzato di mortalità prematura per malattie croniche mostra, rispetto al riferimento regionale, una crescita del 6,7% nei maschi e del 10,8% per le donne. «Questa è solo la punta dell’iceberg» sottolineano gli ambientalisti. In calce a una petizione hanno raccolto migliaia di firme in meno di un mese. Azioni di lotta e azioni giudiziarie sono pronte nel caso da Roma non arrivino buone notizie.

DALLE FABBRICHE chimiche allo smaltimento dei rifiuti, dagli impianti di estrazione di metano e sale agli inceneritori e alle biomasse, dal business dell’eolico alla centrale turbogas, fino all’abusivismo edilizio sulle coste, a queste latitudini si assiste al sacco ambientale di una della più povere province d’Italia. Sulla monnezza e sullo smaltimento, poi, si è costruito in vent’anni un lucroso business. L’elenco fa impressione: le discariche site in località Columbra, di proprietà del gruppo Vrenna, le due discariche per rifiuti solidi urbani, provenienti dal circuito pubblico dei comuni di tutta la Calabria e di altre regioni del Sud; l’inceneritore di rifiuti ospedalieri in località Passovecchio, anch’esso di proprietà del Gruppo Vrenna; l’impianto Tmb, trattamento a freddo dei rifiuti differenziati, di selezione e smaltimento di rifiuti solidi urbani in località Ponticelli, gestito da Ekrò del Gruppo Vrenna.

È, POI, IN CORSO il tentativo da parte dei privati di realizzare nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti (urbani, speciali e pericolosi) nella provincia: a Cutro, in località Terrate Terratelle, a Petilia Policastro, in località Monaca (entrambi nei pressi del fiume Tacina). E infine la discarica di amianto a Scandale, in località Santa Marina. Da due decenni Crotone è in emergenza ambientale permanente. Anziché vessata, andrebbe risarcita. Il danno ambientale è stato stimato, secondo una perizia di parte commissionata ad Apat dal ministero dell’Ambiente, in 1.920 milioni che, sommati alla richiesta di risarcimento della regione Calabria, fa una somma di 2.720 milioni. Una montagna di soldi per bonificare una montagna di veleni.