«Potere al Popolo ha puntato apertamente sull’intervento nelle periferie, con una campagna elettorale che riconnettesse l’insediamento sociale già esistente con una visione complessiva di alternativa per la città, che abbiamo sintetizzato in ‘Roma Città Pubblica’», spiega Elisabetta Canitano, ginecologa e attivista femminista candidata a sindaco di Roma con Potere al Popolo.

Che tipo di campagna elettorale avete portato avanti?
Stiamo facendo con comizi, assemblee rigorosamente in piazza e carovane, ma stiamo anche intervenendo nei luoghi del conflitto, come la vicenda Alitalia o i picchetti antisfratto.

Le periferie della capitale cinque anni fa consegnarono la vittoria a Virginia Raggi. In cosa ha fallito la sindaca da questo punto di vista?
È proprio l’aspettativa tradita di Raggi sulle periferie che ci ha spinto a intensificare il nostro intervento con la proposta di Città Pubblica. Le amministrazioni comunali hanno sempre abdicato alle loro responsabilità, capitolando davanti alle priorità indicate dagli interessi privati (i Piani di Zona sono un esempio lampante), magari riempiendo i quartieri di sale slot e cemento. Senza una pianificazione a gestione pubblica su servizi e scelte urbanistiche, non c’è alcuna discontinuità con il passato.

Cosa ha impedito la nascita di una coalizione unica delle liste che si collocano alla sinistra di Gualtieri?
Ci abbiamo provato seriamente e fino all’assemblea pubblica in piazza Vittorio del 28 maggio [quando alcune forze della sinistra si incontrarono per discutere con i movimenti per il diritto all’abitare, Ndr] il percorso è sembrato possibile. Poi non si è trovato un accordo sul candidato sindaco e non abbiamo potuto, come in altre città, fare un’alleanza. Speriamo che in futuro potremo fare di meglio, come in altre elezioni.

Dopo anni di chiusure e privatizzazioni chiedete che Roma torni ad essere «Città Pubblica». In che senso e come fare ad arrivarci?
Il Comune deve riprendere in mano le leve di comando e gestione dei servizi essenziali, ad esempio trasformando le municipalizzate come Atac, Acea, Ama da società per azioni in Aziende Speciali, internalizzando i servizi appaltati e assumendo il personale necessario. Infine, a Roma ci sono tre università e quattro grandi centri di ricerca pubblici, risorse di conoscenza enormi che potrebbero tramutare Roma in una città all’avanguardia, arrestandone quel declino che è sotto gli occhi di tutti. Per questo, però, serve quello che chiamiamo Controllo Popolare.

Come aggirare la tagliola del debito che rischia di pregiudicare molte scelte amministrative?
Rifiutando con una battaglia politica i vincoli di bilancio e ristrutturando il debito del Comune, se necessario facendo «muso duro» con banche e creditori privati che per anni hanno speculato sulla città.