Dopo il flop delle alleanze Pd-M5S al primo turno delle comunali d’autunno, i vertici dem speravano almeno in possibili intese ai ballottaggi. In un certo fair play, da competitor ma non avversari. E invece anche questo Piano B sta affondando.

«Lo scenario che mi sento di escludere al 100% è che noi appoggiamo il Pd al ballottaggio», ha detto ieri la sindaca uscente di Torino Chiara Appendino. «I matrimoni combinati non funzionano. E non funzionano certamente in 10 giorni tra primo e secondo turno». Giuseppe Conte però non si rassegna e sta ancora cercando sotto la Mole un nome civico che unisca i due partiti.

Anche a Roma, dove il Pd si avvia verso le primarie del 20 giugno con un unico candidato di peso, Roberto Gualtieri, sarà molto difficile un apparentamento. Tra i dem anzi sta riprendendo fiato l’ala- composta dagli ex renziani e dal gruppo di Orfini- che non crede affatto all’alleanza strategica con i grillini. E che accusa Letta di essersi fidato troppo di Conte e Di Maio.

«Bisogna liberarsi dall’ossessione dei 5 stelle», attacca Orfini. E Filippo Sensi, ex portavoce di Renzi, incalza: «Noi la Raggi non la voteremo mai». Insomma, stanno rispuntando le stesse tensioni che hanno portato alle dimissioni di Zingaretti a marzo. E già si riparla di una resa dei conti se le comunali andranno male.

Nella Capitale è probabile che vada in scena il film di questi 5 anni, con il Pd a testa bassa contro la sindaca Raggi e viceversa. Quanto ai dem, ieri la direzione romana ha incoronato Gualtieri alla presenza di Letta: una mossa solenne per dire che tutto il partito lo dovrà sostenere.

Monica Cirinnà, che da mesi aveva annunciato la sua corsa, ha deciso di ritirarsi in nome dell’«unità del partito». E sosterrà l’ex ministro dell’Economia. «Si conclude il sogno di correre per la città», ha detto nel suo intervento in direzione, subito lodata dal segretario. La sua mossa delude quanti – nella sinistra fuori dal Pd- erano pronti a sostenerla. A partire dal movimento “Liberare Roma”.

«Non si possono fare primarie finte, perché indebolirebbero la coalizione», attacca Amedeo Ciaccheri, presidente del municipio di Garbatella. «O si fanno vere e contendibili, oppure meglio indicare Gualtieri come candidato del centrosinistra e non perdere tempo mentre Raggi e Calenda fanno campagna». In campo contro l’ex ministro ci saranno figure minori come Giovanni Caudo, Paolo Ciani e Tobia Zevi. Ancora in forse Stefano Fassina.

Il rischio è che ad una gara dall’esito scontato partecipino pochi romani. Andrea Casu, segretario del Pd Roma, è ottimista: «Le primarie saranno una occasione per scegliere insieme ai romani la squadra per il riscatto della città». «Sono consapevole dell’enorme responsabilità che ricade sulle mie spalle», ha detto Gualtieri, visibilmente emozionato. «Ci rivolgeremo a tutti i romani, al ballottaggio chiederemo agli elettori della Raggi di sostenerci nella battaglia contro la destra».

«Io fuori dal ballottaggio? È un periodo ipotetico dell’irrealtà», ha aggiunto su La7. «La prima cosa che vorrei fare da sindaco è chiamare un tavolo con il governo per il Giubileo del 2025, e spendere i soldi del Recovery, perché nel piano ci sono molte risorse per le città che sapranno presentare progetti seri e credibili», ha detto. Letta è d’accordo: «Roberto è autorevole e conosce molto bene il Recovery».

A destra la situazione è assai peggiore . Guido Bertolaso, unico nome che avrebbe messo d’accordo Salvini e Meloni senza patemi, ha smentito ancora una volta: «Io non mi candido, se ne facciano tutti una ragione». Per Pd e M5S, a questo punto, le uniche nozze possibili sono a Napoli, sul nome dell’ex ministro Gaetano Manfredi. Sempre che de Luca non faccia saltare tutto.