Il principio “bonus malus” inerente l’immatricolazione di nuovi veicoli in Italia, cioè l’ecotassa che il governo vorrebbe inserire nella sua manovra economica, potrebbe essere lo strumento che pone fine alla storia della Fiat, oggi Fca, a Torino e forse in Italia.

CON UN COMUNICATO stampa secco la Fca ha annunciato che oggi non partecipa al consiglio regionale-comunale congiunto e aperto inerente il futuro produttivo di Mirafiori a Torino, spiazzando la politica torinese e piemontese che da mesi aveva programmato il vertice.

Ma, al di là dell’irrituale passo giunto a ventiquattro ore dal vertice tra azienda, sindacati, istituzioni e lavoratori, quello che emerge dal duro comunicato di Fca è che oggi, ad essere messo in forse, è il piano industriale da cinque miliardi presentato solo poche settimane fa dall’uomo che ha preso il posto di Sergio Marchionne, Mike Manley.

NEL TESTO DELLA LETTERA spedita da Fca e firmata da Pietro Gorlier, tra i massimi dirigenti della multinazionale, nonché colui che avrebbe dovuto rappresentarla all’incontro, si legge: «La realizzazione del piano industriale per l’Italia prevede entro il periodo 2019-2021 un ammontare di investimenti pari a 5 miliardi di euro», un piano per raggiungere «progressivamente la piena occupazione», si legge ancora nella missiva, ma, lamenta l’azienda «negli ultimi giorni lo scenario a tendere del settore è stato significativamente modificato da interventi sul mercato dell’auto in discussione all’interno della Legge di bilancio che a nostro avviso alterano l’intero quadro di azione, all’interno del quale il piano dell’Italia era stato delineato».

La missiva si chiude sostenendo che nel caso in cui il provvedimento – per altro ampiamente smentito dal ministro e vicepremier Luigi Di Maio, che l’altro giorno ha parlato solo di «bonus per le auto ecologiche» – non fosse ritirato il piano di investimenti sarebbe «a rischio».
Sarebbe la fine dell’auto a Torino.

DOPO L’INCONTRO a Roma di due giorni fa con il governo, gli animi di Fca parevano rasserenati, tanto che il vertice torinese, e quindi il piano industriale, sembravano confermato: ieri mattina è giunta la nota dell’azienda che ha di fatto responsabilizzato il governo delle sorti del gruppo in Italia. Il problema della norma del governo è che in ogni caso Fca risulta penalizzata, dato che non ha un offerta di mercato, sul settore elettrico e ibrido, in linea con quella della concorrenza, sopratutto tedesca.

LE REAZIONI sono state molto diverse. L’M5S torinese, ormai un mondo che fa riferimento alla corrente del presidente della Camera Roberto Fico, ha emesso un comunicato stampa molto duro in cui accusa Fca di non partecipare all’incontro con le istituzioni a causa di «un piano industriale debole». Più sfumata la sindaca Chiara Appendino, che parla di «segnale negativo» e invita l’azienda a non abbandonare i tavoli di confronto.

Molto simile la posizione della Fiom, espressa da Edi Lazi, segretario provinciale da qualche settimana: «Fca usa in modo pretestuoso la vicenda dell’ecotassa per evitare un confronto pubblico e con le istituzioni. Fca decide di tenere in ostaggio Torino per polemizzare con il governo e ha un atteggiamento di poco rispetto nei confronti delle istituzioni locali e dei lavoratori».

Più in linea con le posizioni di Fca la posizione del presidente della Regione Sergio Chiamparino: «Inquieta questa non certezza delle politiche del governo in un settore strategico per il Piemonte e per l’Italia». In serata il vicepremier Luigi di Maio ha rassicurato Fca: «Sono convinto che possiamo fare bene nella lotta all’inquinamento con gli incentivi all’auto elettrica senza danneggiare e senza provocare shock nei piani industriali delle aziende».