A Laura non è piaciuta quella idea stereotipata della montagna, disegnata per chi, citando il claim della campagna della Regione Piemonte, «ha voglia di ritmi più lenti e in armonia con la natura». Un ritratto contro cui si batte ogni giorno. «Certo, la qualità dell’ambiente e delle relazioni è diversa che in città, ma l’idea del tempo lento è una mistificazione. La vita in montagna richiede un’energia doppia», dice Laura Cantarella, architetta di formazione, fotografa e ricercatrice indipendente, che a Ostana, uno splendido borgo a 1250 metri affacciati sul Monviso, anima insieme ad altri la cooperativa di comunità Viso a Viso. Un progetto che vuole favorire «una nuova abitabilità dei territori alpini lontana dall’effetto Club Med o dal parco tematico», e promuove opportunità di lavoro, di impresa e di cultura. E cogestisce le strutture pubbliche del paese: dal centro polifunzionale Lou Pourton, «il portone» in occitano, alla foresteria.

IN QUESTI GIORNI, a quote più o meno alte, si fa un gran parlare del bando della Regione Piemonte che offre contributi da 10mila a 40mila euro a chi sceglie di trasferire la propria residenza da una città italiana in uno dei piccoli comuni di montagna incastonati tra le alpi piemontesi. Ne sono stati selezionati 465 con meno di 5 mila abitanti in una delle otto province. Da Ceresole Reale a Fraconalto, da Fenestrelle a Macugnaga, da Carcoforo a Vinadio o a Rittana, dov’è risorta, grazie all’impegno della Fondazione Nuto Revelli, la borgata un tempo partigiana Paraloup. Sarà pubblicato il primo settembre. I nati dopo il 1980 riceveranno un punteggio più alto; anche quelli che sposteranno la loro attività lavorativa o in smart-working almeno al 50% nell’abitazione per la quale si chiede il finanziamento.

Tra gli altri criteri premianti: un Isee uguale o inferiore a 20 mila euro, almeno un figlio di età uguale o inferiore a 10 anni, che avrà residenza e dimora abituale nell’immobile acquistato. «La montagna non è e non va vista – ha dichiarato il presidente della Regione Alberto Cirio – come una riserva inaccessibile, ma come un grande propulsore di economia, natura, enogastronomia, turismo e di tutto ciò che di meraviglioso ha da offrire. Penso che, dopo due anni di pandemia, questa idea dell’aria fresca, dell’aria pulita, della possibilità per chi lo desidera di vivere a contatto con la natura, siano valori su cui investire per il nostro futuro e per quello delle nostre straordinarie montagne».

UN’INIZIATIVA che riceve il plauso dall’Uncem (l’unione degli enti montani) con il presidente piemontese Roberto Colombero: «È una misura estremamente importante. Avevamo proposto a tutte le regioni di lavorare in questa direzione, percorsa per prima, con successo, dall’Emilia-Romagna. Oggi, il Piemonte investe 10 milioni su una occasione di crescita sociale ed economica dei territori». La sindaca di Ostana, Silvia Rovere, che dieci anni fa abbandonò un lavoro sicuro a Torino per gestire qui il rifugio Galaberna, mette in guardia da eventuali speculazioni, di chi magari vorrà utilizzare i fondi per ristrutturare la seconda casa: «L’idea “scappo dalla città e vado in montagna” lascia il tempo che trova. La montagna deve essere una scelta consapevole, senza progetti e innovazione non ha senso. Anche con 40mila euro e una casa non diventi cittadino delle terre alte».

Rovere guida un piccolo comune considerato un’esperienza virtuosa di rigenerazione di un borgo, iniziata trent’anni fa da Giacomo Lombardo. Fondamentali sono state le alleanze con il mondo esterno. «Siamo, tra l’altro, partner – aggiunge Laura Cantarella – del progetto UniTa (Universitas Montium) che coinvolge varie università di territorio montano e con cui ci occupiamo, insieme a studenti di vari Paesi, di rural mobility (servizi di mobilità nelle aree rurali, ndr). Ospiteremo, poi, una residenza dei Marlene Kuntz. Purtroppo, nell’immaginario bucolico e fermo nel tempo del bando della Regione non compare quanto la montagna possa diventare un’infrastruttura di cultura contemporanea».

GIOVANNI SEMI, sociologo dell’Università di Torino, sta studiando con un gruppo di ricerca gli effetti sui mercati immobiliari dello spostamento di popolazioni più ricche in località esclusive della montagna in Italia, Francia e Svizzera. Allargando il campo, individua i propositi e i limiti del bando regionale. «Posto che mi sembra una buona cosa se iniziano politiche di ripopolamento di aree montane, non si pone la giusta attenzione ai motivi per cui la montagna si è spopolata e continua a spopolarsi. È stata cruciale la carenza della dimensione infrastrutturale, dalla mobilità (il taglio decennale di tutte le linee ferroviarie locali) all’assenza di banda larga, e dei servizi, quali ospedali e scuole. È chiaro che, rispetto a quest’ultimo punto, un giovane chiede meno allo Stato, ma se crediamo a un processo di stabilizzazione, se invecchierà o farà figli, un giorno si chiederà dove sono i servizi. Queste politiche funzionano se concertate con il Pnrr e se fanno parte di una prospettiva, in cui sono previsti digitalizzazione delle valli, servizi, investimenti sulla mobilità. Le ondate di calore aumentano, lo spostamento verso l’alto sarà inevitabile. Quindi, dovremmo porci l’obiettivo di come salvare il maggior numero di persone al di là delle disponibilità economiche. Il bando non è sbagliato, ma rischia di essere una goccia del mare se non accompagnato da tutto il resto». La Regione ha annunciato che il bando residenziale verrà accompagnato da un altro, in autunno, per la nascita delle «botteghe dei servizi» al fine di «contrastare la desertificazione commerciale».

Chi ha deciso anzitempo di salire di quota è stato Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana, ristrutturando una baita in borgata Vazon, nel comune di Oulx, a 1650 metri d’altezza, in Alta Val di Susa. Sulla sua migrazione verticale ha scritto un libro, Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale (Einaudi), con l’intento che un’esperienza individuale potesse diventare collettiva «visto che in Italia il 35% della superficie è montana».

COMMENTA IL BANDO con una battuta: «Avranno copiato da me che l’avevo deciso ben quattro anni fa». E spiega la sua scelta dettata dal cambiamento climatico: «So benissimo che la temperatura continuerà a salire e ho scelto di trasferirmi ad alta quota per vivere meglio. Vent’anni fa mi ero trasferito da Torino alla Bassa Val di Susa, ma non era sufficiente e sono migrato mille metri in su. È necessario un progetto nazionale per la montagna, che stimoli semplificazioni burocratiche e imponga servizi uguali a tutti. Servizi di cui la montagna è stata depauperata. E della questione se ne erano già occupati i padri costituenti con l’articolo 44. Non si risolvono problemi alla radice con bandi e graduatorie. È ora di dare il via a una vera e propria strategia delle aree interne del Paese».