Così siamo arrivati alla candid camera dei potenti. Quella fatta dai vicini di casa ma progettata per addomesticare, per addolcire, per rendere accettabile un mondo orwelliano. Di controlli, invasivi e totali.

Di cosa si parla? Di più notizie in una.

L’ultima – in ordine di tempo – viene dal fronte dell’entertainment. Gli studi MGM – acquistati poco tempo fa dal colosso Amazon – alla fine di questo mese presenteranno negli Stati Uniti “Ring Nation”, uno strano reality show che andrà poi in tv. A loro dire una delle cose più divertenti mai trasmesse al mondo: raccoglieranno, selezioneranno filmati amatoriali “inviati dalle case”.

Il nome del programma, però aiuta a spiegare tutto il resto. Perché Ring – campanello – è soprattutto il nome di un complesso e discusso sistema di telecamere di sorveglianza, sempre di proprietà di Amazon, che ha acquistato il marchio quattro anni fa. Venduto attraverso i canali Amazon.

Un nome che è da sempre in cima alle preoccupazioni di tutte le associazioni per i diritti, per i diritti digitali, per la difesa della privacy.

Quel sistema, quelle telecamere, infatti, non si limitano a “mandare un allarme” nel caso di un’effrazione in una casa. Fanno di più, molto di più: “guardano” qualsiasi cosa transiti nel giro di parecchie decine di metri, studiano, analizzano. Raccolgono dati. Sulle persone, sui vicini. Sui loro volti, su chi transita in strada.

Se poi al pacchetto Ring di base si aggiunge l’app Neighbors, il sistema, guidato da un software che a sua volta è stato istruito con dati discriminatori, può avvertire se “circola” un nero, un messicano sospetto in un quartiere di bianchi.

Raccoglie dati, informazioni su tutto, insomma. Ascolta, “sorveglia” anche i comportamenti di chi installa la telecamera a casa propria.

E poi che ci fa con quei dati? La risposta è arrivata poco tempo fa, quando il colosso è stato finalmente costretto a rispondere alle domande formulate, ben tre anni fa, dal senatore democratico del Massachusset, Ed Markey. E così Ring – cioè Amazon – è stata costretta ad ammettere che per undici volte, in un anno, ha consegnato alla polizia filmati e “dati” senza che i diretti interessati ne fossero informati. Undici volte ma tutti sono convinti che in realtà siano molte di più.

Ancora, di più allarmante. Ring è praticamente il monopolista assoluto nel settore della sorveglianza, solo l’anno scorso aveva venduto un milione e settecentomila telecamere. Più degli altri suoi quattro concorrenti messi insieme, ormai ai margini del mercato.

Ma come è arrivato a conquistare questa posizione dominante? In un modo semplice: ha offerto gratuitamente a singoli ufficiali o ad interi dipartimenti di polizia le apparecchiature ottenendo in cambio che gli agenti si facessero “testimonial” e sponsor delle telecamere nei loro quartieri.

Non è finita: per anni, Ring –Amazon ha offerto alle centrali di polizia un portale dove si potevano vedere i filmati raccolti dagli e negli appartamenti. Senza alcuna autorizzazione dei giudici. Una pratica che fortunatamente è stata interrotta dopo l’ondata di proteste che ha segnato un po’ tutti gli States.

Ma il rapporto stretto con la polizia continua, come si è visto, continua con la “collaborazione” con centinaia di dipartimenti mai spiegata nel dettaglio e continuano le polemiche.

Che comunque non fermano il successo della telecamera spiona. Successo alimentato anche dal voyeurismo di tanti clienti. Perché già da anni, sui social, molti inviano i filmati raccolti dalle loro Ring.

C’è chi si è preso la briga di monitorarli: il più diffuso – quattro milioni di visualizzazioni – è il video di un signore, il proprietario di un appartamento, bianco ovviamente, che apre la porta a due messicani. I quali gli dicono se li può aiutare a spegnere l’incendio della loro auto, che è andata in fiamme, lì a pochi metri. Il protagonista bianco non si fida, fa vedere che prende “le sue precauzioni” e poi segue i due. Scoprendo alla fine che la richiesta di aiuto era giustificata, anche se a quel punto per l’auto non c’era più nulla da fare.

E probabilmente Amazon, cioè gli MGM Studios, proprio quest’attitudine hanno sfruttato. Affidandosi all’esperta comica Wanda Sykes, manderanno in onda sketch surreali, divertenti per il pubblico americano, a loro dire innocui.

E – assicurano – chiunque sarà ripreso e apparirà in tv avrà firmato una liberatoria, sarà consenziente. Resta il problema di chi è catturato casualmente nelle immagini a venti piedi di stanza (a tanto arrivano le telecamere ring domestiche). Questi ultimi si arrangeranno.

Consenso o no, cambia poco, comunque. Per dirla con Matthew Guariglia, analista politico della Electronic Frontier Foundation, forse la più importante organizzazione mondiale per i diritti digitali, “il reality show certo ci farà vedere gattini, bambini, ridicole cadute e così via. Servirà a far aumentare la vendita di telecamere ma servirà soprattutto a sostenere l’obiettivo finale: la sorveglianza. Sorveglianza ovunque, per tutto il tempo della nostra vita”.

L’obiettivo, insomma, è far accettare, rendere simpatiche e normali le telecamere di controllo. Una strategia tutt’altro che rozza.

Pamela Rutledge, psicologa
“Ring Nation è semplicemente un gioco di prestigio: spoglia i video da quel che significano, riformula l’attività di sorveglianza e controllo come normale e divertente. E se ci si pensa questo sovverte le libertà civili”

Anche qui si possono usare le parole di Pamela Rutledge, psicologa, una delle più autorevoli studiose dei linguaggi dei media. “Ring Nation è semplicemente un gioco di prestigio: spoglia i video da quel che significano, riformula l’attività di sorveglianza e controllo come normale e divertente. E se ci si pensa questo sovverte le libertà civili”.

Ce n’è quanto basti, insomma, perché Fight For The Future, un’altra ultra combattiva organizzazione per i diritti, abbia lanciato una petizione, chiedendo agli MGM Studios di cancellare il programma. Petizione che naturalmente finirà come tutte le altre, nel nulla.

Ma almeno nel testo con una chiarezza esemplare spiegano perché Ring fa danni: perché quel sistema, quel software che c’è dietro, fino ad ora è servito solo ad alimentare le discriminazioni razziali, di genere, contro tutte le minoranze, è servito ad alimentare la fobia contro le persone lgbt+. E’ servito, potrebbe servire, col suo sistema di riconoscimento facciale a dare un nome ed un volto alle donne che si avvicinano agli studi medici chiedendo aiuto per abortire.

Ed allora, cancellare un programma può servire per ricominciare a parlare di diritti.