È resa dei conti all’interno della Repubblica Popolare di Lugansk e forse in tutta la zona del Donbass non controllata dal governo ucraino. Nella notte del 22 novembre Igor Plotnisky, il presidente della repubblica «ribelle» resasi indipendente da Kiev nel 2014 dopo l’insurrezione della Maidan, dimissionava a sorpresa il ministro degli interni e capo della polizia Igor Kornet.

Quest’ultimo però appariva in video la mattina successiva per affermare che «nella notte le forze del ministero degli interni hanno sventato un’azione diversiva di forze dell’esercito ucraino penetrate nel territorio della Repubblica. La maggioranza di questi terroristi è stata arrestata».

Ma non solo. Kornet dichiarava di aver arrestato anche alcuni stretti collaboratori di Plotnisky accusati di essere la quinta colonna del governo Poroshenko e aver tentato di rovesciare la repubblica già nel 2016 uccidendo l’ex primo ministro. Nel centro cittadino, davanti alle sedi delle istituzioni locali, comparivano soldati senza mostrine e mezzi blindati e le tv interrompevano le trasmissioni.

La vicenda si colorava di giallo e in mancanza di notizie certe gli «ucrainologi» iniziavano a fornire ridde di ipotesi. Gli osservatori Ocse pubblicavano foto in cui si vedevano teorie di autoveicoli militari della Repubblica di Donetsk transitare al confine in direzione di Lugansk.

L’ipotesi che si faceva largo è che, approfittando dell’anarchia, il presidente della Repubblica di Donetsk Zacharchenko volesse unificare le repubbliche sotto il suo segno. Il portavoce di Putin Dmitry Peskov da parte sua sosteneva l’assoluta estraneità del Cremlino. Ma dichiarava che l’ipotesi di unificazione delle repubbliche fosse «plausibile».

A diradare la nebbia sui «torbidi di Lugansk» ci pensava il dimissionato Kornet che affermava di aver rovesciato Plotnisky. Mentre andiamo in stampa il ministero degli interni ucraino ha informato che «l’ex presidente Plotnisky è in fuga verso la Russia con la famiglia» e affermato che se le truppe russe dovessero intervenire «l’Ucraina e i suoi alleati prenderebbero in esame ogni eventualità».

La popolazione di Lugansk osserva con distacco e ironia lo scontro nella Repubblica, che somiglia ogni ora di più a una faida intestina. Da tempo nelle Repubbliche «ribelli» domina disincanto e rassegnazione. La gente è stanca di guerra. L’economia dopo lo stop degli scambi economici con l’Ucraina a febbraio è al collasso, in città si sopravvive soprattutto grazie agli aiuti umanitari russi.

Nelle ultime settimane molti giovani sono emigrati in Russia alla ricerca di lavoro, altri raggiungono i parenti in altre regioni dell’Ucraina. Anche per questo a Mosca si spera che gli accordi di Minsk entrino rapidamente in vigore.