In coincidenza con il ricorrere del (lungo) centenario della Grande Guerra si sono prodotti, come noto, una mole considerevole di studi e volumi. In un certo senso è possibile inserire in questo tipo di pubblicazioni anche l’ultima fatica di Thomas W. Gaehtgens, Reims on Fire War and Reconciliation between France and Germany (The Getty Research Institute, Los Angeles, pp. 296, 100 ill., 55 dollari, pubblicato anche in tedesco). Già direttore del Getty Research Institute, Gaehtgens ha dedicato illuminanti studi al rapporto, problematico, tra Francia e Germania tra Otto e Novecento. Questa nuova ricerca ha al centro l’evento, traumatico, del bombardamento della cattedrale di Notre-Dâme di Reims nel settembre del 1914.
Le truppe tedesche, dopo aver prima conquistato e poi perso la cittadina francese, stanziatesi nei dintorni sostennero di aver visto delle luci provenire dalla torre nord della cattedrale. L’imponente struttura era avvolta da un’impalcatura per dei lavori di manutenzione e protezione. Invocando una palese violazione dei trattati dell’Aia (1907), da parte tedesca non si esitò a bombardare la cattedrale. I portali non erano ancora stati protetti con i sacchi di sabbia, installati fuori tempo massimo tempo dopo il disastro. In più l’impalcatura prese fuoco, così come il tetto dell’edificio che, letteralmente, si sciolse e colò sul monumento.
La reazione fu, a tutta prima, di incredulità. Poi, poco a poco, prevalse la rabbia: da più parti si denunciò la ‘barbarie’ germanica, quell’atto venne interpretato come la riprova dell’assoluta e cieca volontà di distruggere la civiltà francese. Ai resoconti pubblicati a caldo per annunciare la tragedia vennero affidati scenari apocalittici, arrivando ad affermare che la cattedrale era stata rasa al suolo – il conflitto rendeva difficile prendere visione diretta dei danni, e ci vollero giorni prima che l’incendio venisse definitivamente domato. In una escalation che vide i toni innalzarsi in modo esponenziale, si giunse in breve alla contrapposizione tra la Kultur tedesca e la Civilisation francese: due modi di vivere e interpretare il mondo che davano origine a differenti (e inconciliabili) modi di vita. Alla base delle polemiche c’era, certo, anche l’importante ruolo simbolico di cui era investita la cattedrale di Reims, il luogo in cui per secoli si era svolta la cerimonia di incoronazione dei monarchi francesi, volenti o nolenti uno dei luoghi che icasticamente incarnava l’unità nazionale, e ancor di più in tempi di guerra.
Le diverse letture di quell’evento sono analizzate in dettaglio da Gaehtgens facendo dialogare tanto le reazioni a stampa quanto le cartoline propagandistiche. Tutto il corposo secondo capitolo, infatti, analizza proprio il ‘fuoco incrociato’ della propaganda tra i due paesi europei. L’offensiva più agguerrita arrivò dalla Francia: in una serie di ingegnose caricature – in questo senso il libro è molto ricco, e propone un apparato illustrativo assai suggestivo – venivano presi a bersaglio la Germania e il suo esercito. L’accento batte sempre sulla cieca volontà distruttrice e sull’’inciviltà’ del regno del Kaiser. Più in generale, dopo il bombardamento si ingenerò un’ondata di unanime condanna che coinvolse praticamente tutta Europa, con echi che si ritrovano negli scritti pubblici e privati di moltissimi intellettuali. Da parte tedesca si rispose, dapprima, con un ‘manifesto’ indirizzato «Al mondo civilizzato!» (An die Kulturwelt!, anche noto come il «Manifesto dei 93»), pubblicato il 4 ottobre 1914 in molti quotidiani nazionali e firmato da alcune delle personalità più in vista della Germania guglielmina, come gli scienziati Rudolf Eucken e Max Planck, e da un nutrito gruppo di storici, scrittori e storici dell’arte. Da Wilhelm Bode a Peter Behrens, da Hans Thoma a Wilhelm Wundt. Si rigettava la ricostruzione del bombardamento proposta dai francesi e si sottolineava come, proprio i tedeschi, perseguissero una spiccata politica di conservazione dei monumenti storici.
Il risultato fu una débâcle: da più parti i firmatari vennero criticati e indicati come esempio degli effetti della follia della guerra. L’incrudelirsi della situazione coinvolse anche la Francia, che promosse in più occasioni vere e proprie campagne denigratorie ai danni degli intellettuali tedeschi. Miglior successo ebbero la creazione e l’operato del Kunstschutz (analizzato a fondo nel quinto capitolo) cioè l’unità di protezione dei monumenti e delle opere d’arte, operante nei territori occupati e che già nel dicembre del 1914 produsse un primo resoconto delle sue attività. Da un punto di vista più strettamente storico-artistico proprio Reims fu al centro, particolarmente all’inizio del secolo, di aspri dibattiti circa le origini del Gotico: se esso fosse uno stile nato in Francia e poi ‘esportato’ in Germania o viceversa.
Con sguardo lucido Gaehtgens ricostruisce anche il dibattito che segnò gli anni successivi alla conclusione del conflitto mondiale, quando uno dei problemi centrali da risolvere era se restaurare o meno il monumento. Riportarlo all’antico splendore, pur nella consapevolezza di innestare dei ‘falsi’ sulle rovine? O invece lasciare la cattedrale così come era stata consegnata alla Storia dopo i bombardamenti, a monito della furia distruttrice della guerra? Fu un dibattito lungo, che ingenerò sia problemi specifici legati alla conservazione dei monumenti che più ampi problemi politici, conseguenti all’annosa questione della separazione tra Stato e Chiesa – e a una delle problematiche di questo dibattito: chi si sarebbe preso cura di quegli edifici e di quei beni una volta che l’autorità ecclesiastica fosse stata ‘separata’ da quella statale? I finanziamenti per il restauro giunsero, imponenti, da tutto il mondo, con sostanziosi contributi da parte di John D. Rockfeller nel 1924 e nel 1927.
Su una prospettiva lunga, che giunge sino all’incontro tra Angela Merkel e François Hollande l’8 luglio del 2012 passando per il trattato di ‘collaborazione perpetua’ siglato da Konrad Adenauer e Charles De Gaulle nel 1962, la cattedrale diviene il punto di intersezione di problemi e istanze che, come ben messo in luce nelle pagine del volume, vanno al di là del pur annoso problema della distruzione dei monumenti e dei beni culturali in tempo di guerra. In gioco, in un certo senso, c’erano (e, purtroppo, come tutti sanno, ci sono ancora oggi) questioni legate al potere simbolico che simili monumenti rivestono e di cui sono investiti. Una volta terminato il restauro la chiesa venne riconsacrata il 9 luglio 1938, con una messa solenne. Col senno del poi, nelle fotografie che raccontano quell’evento si avverte un senso di assoluta tragicità: una manciata di mesi separava i convenuti dall’inizio di un altro devastante e orrendo conflitto mondiale. Va detto che un libro come quello di Gaehtgens non potrebbe essere più adatto per i tempi sciagurati che ci tocca attraversare, in un’Europa fragile e indebolita. Messi in fila, gli eventi legati al bombardamento della cattedrale di Reims squadernano le dinamiche e i danni che il nazionalismo ha prodotto nel Novecento. Ci sono volute due Guerre Mondiali e milioni di vite sacrificate per giungere a mettere da parte i frusti ‘orgogli nazionali’. Eppure, inquietantemente, molti degli articoli di propaganda citati dall’autore ben si attaglierebbero in bocca a qualche politico odierno, in un rigurgito di istinti e istanze che si sarebbe stati disposti a giurare sepolti da un pezzo.